[18/03/2008] Comunicati

Pensiero stupefacente o pensiero complesso?

LIVORNO. C’è il rischio di passare da proibizionisti, o peggio ancora da poveri illusi, ma la notizia del Corriere della Sera pubblicata oggi sulla “tentazione doping” degli scienziati assomiglia troppo a quella degli sportivi e dei cavalli da corsa per non creare in noi una reazione negativa. Che c’azzeccano gli stimolanti, o i farmaci contro il deficit di attenzione con il miglioramento del cervello? L’interrogativo su quale sarà l’uomo del futuro tra Einstein o Frankenstein (se non ci rimarrà solo lo......stein), lo ha sollevato anni fa Franco Fukuyama, ma ora è stato riproposto dal “New York Times” che, riprendendo una ricerca di “Nature”, spiega che l’uso di stimolanti per eccellere mentalmente sta spaccando in due gli scienziati e i leader culturali in Usa.

Due ricercatori dell’università di Cambridge in Inghilterra, secondo Nature, avrebbero svelato che loro colleghi, per primeggiare, prendevano regolarmente farmaci come l’Adderal e il Provigil. Poi la rivista ha accertato che il fenomeno cresce tra medici, manager, avvocati eccetera. Ma se questa seconda ricerca non stupisce, quella degli scienziati che per migliorare le proprie capacità si impasticcano, inquieta assai, oltre a ricordarci il mondo nuovo (Brave New World) di Aldus Huxley, immaginato nel 1932, che anticipava temi quali l´eugenetica e il controllo mentale usati per fabbricare una nuova società... Abbiamo quindi chiesto ‘aiuto’ a Marcello Buiatti, professore di genetica di chiara fama dell’Università di Firenze.

«Il fatto fondamentale – comincia Buiatti – è che in genere gli scienziati sono troppo ottimisti: fanno finta di sapere le conseguenze di un intervento esterno. Trascurando l’etica scientifica che non è solo cosa è bene o cosa è male, ma è l’essere poco coscienti degli effetti secondari che non sono affatto noti. Di quale droghe parlano poi? Se ad esempio nel novero ci mettono la cocaina, farebbero un ulteriore errore clamoroso perché questa provoca molti più danni che benefici».

No, non si parla di cocaina, ma di farmaci quali l’Adderal e il Provigil
«Per la verità io non conosco farmaci che aiutino l’intelligenza. Quelli contro sonnolenza ti fanno stare sveglio 24 ore e fai un sacco di cose, ma il cervello ne soffre. Il pensiero è unire i concetti e formarne di nuovi. Non è un compito d’esame, quella è prontezza di riflessi che non significa essere intelligenti. Grandissimi scienziati sono lenti. Per pensare devi collegare molti concetti insieme. Ci vuole sonno, devi stare bene e avere tempo. Einstein andava male a scuola perché era lento e mi pare che poi abbia dimostrato che questo non significhi non essere intelligenti. Questo però se si parla di pensiero. Se si parla di rispondere a un quiz è un’altra cosa. Ho l’impressione che questi che si dicono scienziati confondano le due cose. Il problema è anche la maledetta impostazione meccanica con la quale anche studiosi scambiano un pezzetto di pensiero con il pensiero complesso. Nelle scuole sta entrando questo concetto del chi fa in fretta è più intelligente, ma questo è spaventoso. Tutto sembra volerci far spingere sull’accelerazione verso non si sa nemmeno cosa. Lo scienziato è quello che va piano, che tira fuori una teoria, non quello che fa uno esperimento dietro l’altro e ha la fortuna di azzeccarlo».

Dunque si confonde l’intelligenza con la velocità e la forza di rimanere svegli, da cui deriva il concetto che più si sta svegli e attenti e più si è intelligenti e si migliora?
«Sì, ma dall’esperienza che ho, anche come professore, vedo che questo ragionamento è inversamente proporzionale anche negli studenti. E’ comune invece nelle industrie, dove c’è gente che lavora sul piano applicativo. Comunque io conosco centinaia di scienziati e nemmeno uno che si droghi, ho solo sentito dire di qualche studioso americano che lo fa, ma è una questione diversa. Una questione di ‘sopravvivenza’, nel senso che se soprattutto ad una certa età non pubblichi libri, che siano buoni o cattivi questo conta poco, non ce la fai ad andare avanti e quindi hai bisogno di un grande sforzo fisico. Secondo la logica del chi arriva prima, non del chi fa meglio. Con il miglioramento del pensiero questo non c’entra nulla».

Torna all'archivio