[20/03/2008] Acqua

Le risposte della natura alle sfide della depurazione delle acque

I detenuti di una prigione sulla costa est dell’Africa avviano un progetto di depurazione che si basa sulla natura per trattare i rifiuti umani. L’iniziativa, che implica lo sviluppo di una zona umida per purificare le acque reflue, dovrebbe costare giusto una frazione del prezzo dei trattamenti ad alta tecnologia, generando dei profitti su un triplice piano ambientale, economico e sociale.

Al di là del progetto dei gestione delle acque reflue, il progetto permetterà di valutare l’utilizzo dell’acqua filtrata dalle zone umide, per l’irrigazione e la pescicoltura, apportando anche ai detenuti una nuova fonte di proteine o altri mezzi di sussistenza con la vendita sul mercato locale.

Una parte di queste “acque nere” a forte concentrazione di rifiuti umani, sarà anche utilizzata per la produzione di biogas. Il biogas può essere sfruttato come combustibile per la cucina, il riscaldamento e l’illuminazione, permettendo all’amministrazione penitenziaria di ridurre le fatture elettriche e di fare economia di denaro, diminuendo le emissioni nell’atmosfera da parte della popolazione carceraria forte di 4.000 persone, comprendente il personale e i prigionieri.

La notizia di questo progetto, finanziato dal governo della Norvegia e dal Fondo mondiale per l’ambiante con il sostegno di un largo ventaglio di partner tra i quali la Coast Development Authority and National Environment Management Authority del Kenya supportata dalla università di Dar es Salama in Tanzania e dalla università di Wageningen, la libera università di Amsterdam e dalla Ong “Aqua-4-All” dell’Olanda, giunge quando il mondo celebra la Giornata mondiale dell’acqua 2008, dichiarato International Year of Sanitation dall’Onu.

La giornata e l’anno ha per obiettivo di sensibilizzare e suscitare l’azione per raggiungere gli Obiettivi del Millennio per lo sviluppo entro il 2015. Si tratta soprattutto di ridurre della metà la porzione di persone che non hanno accesso alla depurazione, attualmente stimata nel 40% della popolazione mondiale, circa 2,6 miliardi di persone.

Si stima che l’inquinamento da acque reflue, una gran parte delle quali si ritrova nelle acque costiere, è responsabile della perdita annuale di quattro milioni di ore-persona a causa delle malattie, è una perdita economica di 16 miliardi di dollari all’anno.

In molti Paesi sviluppati, le soluzioni, nel corso degli ultimi cinquanta anni, sono consistite in opere di trattamento dell’acqua sempre più sofisticate, con un costo di diversi milioni di dollari. Però, come dimostra il nuovo progetto della prigione di Shimo la Tewa, situata nella città costiera kenyana di Mombasa, esistono altri metodi meno costosi per far fronte allo stesso problema con importanti ricadute.

La raccolta delle acque luride ed il sistema di purificazione delle zone umide, così come la manodopera e i costi di costruzione, compreso il miglioramento delle strutture igieniche nella prigione, raggiungono circa i 110.000 dollari, sono 25 dollari a persona servita, che rappresenta un buon affare. Questo non tiene conto dei benefici che potrebbero venire dalla diminuzione dei costi economici per l’ambiente nel senso più largo riduzione dei materiali solidi che possono asfissiare le barriere coralline e il nutrienti che possono aumentare il rischio di “zone morte” non ossigenate, alla stesso tempio la diminuzione dell’inquinamento batterico suscettibile di contaminare i crostacei e annientare la vacanze in particolare in un luogo dove le entrate del turismo sono importanti per l’economia locale.

Intanto, il progetto è in grado di avere effetti benefici per la fauna, soprattutto per gli uccelli e gli organismi marini. Così, per modesto che sia, può svolgere un ruolo nella realizzazione degli obiettivi mondiali di riduzione del tasso di perdita della biodiversità entro il 2010.

Questa esperienza fa parte di un insieme di progetti messi in opera nel quadro del programma WIO-LaB, chiamato a rispondere ai problemi legati agli impatti delle attività terrestri nell´oceano Indiano occidentale, iniziativa che fa parte della conventione di Nairobi, uno degli accordi sui mari regionali amministrati dall’Unep.

Speriamo che gli insegnamenti che verranno tratti potranno essere applicati ad altre regioni del mondo, per far in modo che le molteplici sfide del risanamento e dell’inquinamento possano essere considerate una parte di un approccio basato sulla natura.

Il progetto lavora ugualmente, tra gli altri, con la comunità costiera di Ndlame a Port Alfred in Sudafrica, che dal canto suo utilizza dei bacini naturali di alghe per trattare acque reflue di ogni natura. Le alghe, organismi d0acqua dolce o marina, aiutano alla detossificazione degli inquinanti e sono in seguito raccolte

Per servoire come fertilizzante commerciale e alimenti ricchi di proteine per gli animali. Il costo totale del progetto è intorno ai 188.000 dollari, con dei vantaggi economici, frutto dell’utilizzo delle acque reflue trattate e della produzione di fertilizzanti, che ammortizzano il prezzo di 50.000 dollari all’anno.

Dei progetti innovativi similari basati sulla natura stanno per essere avviati sull’isola di Pemba in Tanzania e a Dar es-Salaam. Le sfide dello sviluppo sostenibile del XXI secolo, soprattutto per quel che riguarda l´acqua e la depurazione richiedono soluzioni più intelligenti e creative che potrebbero essere anche quelle già applicate in passato.

Lavorare di concerto con la natura piuttosto che contro essa, fa parte di questo processo decisionale riflessivo, che potrebbe attuarsi in una maniera più rapida, più redditizia e più attraente sul piano economico, per raggiungere gli obiettivi locali ed internazionali in maniera di salute e povertà.

* vicesegretario dell’Onu e direttore esecutivo dell’United Nations
Environment Programme, messaggio in occasione dal World Water Day 2008

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