[21/03/2008] Comunicati

Gli israeliani e Gheddafi puntano al cuore nero dell’Africa

LIVORNO. Gli israeliani Oriental Iron company (Orico) sono pronti ad investire nelle miniere di ferro della Repubblica democratica del Congo (Rdc) e Martin Kabwelulu, il ministro congolese delle miniere, li accoglie a braccia aperte: «Sette miliardi di dollari americani saranno necessari per investire nello sfruttamento dei giacimenti di ferro a Banalia, territorio situato a 125 km da Kisangani. I giacimenti di Banalia rivelano minerale di grande valore e la società congolese Bureau d´études et d´ingenering (Bee) aveva già effettuato degli studi su questo sito».

Che il giacimento della Rdc sia molto ricco lo pensa anche il patron di Orico, Dan Gertel, che ha dato il via alla prima fase di sfruttamento ed a nuove ricerche. Entro tre anni la società israeliana pensa di avviare da Banalia a Banana, nella provincia del Basso Congo, 65 milioni di tonnellate di ferro destinate all’esportazione.

Ma è tutto il cuore dell’Africa nera ad essere in fermento dopo la fine della guerra del Congo e gli eccidi in Ruanda e Burundi e le sue risorse attirano vecchi nemici e nuovi protettori. Uganda e Ruanda hanno appena firmato un memorandum che prevede l’estensione dell’oleodotto Kenya-Uganda, che alla fine dovrebbe portare il petrolio da Mombasa-Eldoret (Kenya) Kampala (Uganda) e Kigali (Ruanda).

Alla cerimonia della firma hanno assistito l’ugandese Yoweri Museveni e quello ruandese Paul Kagame, ma anche un potente ed interessato sponsor come il leader della Libia Muammar Gheddafi (Nella foto). Erano presenti anche altri 3 capi di Stato: Mwai Kibaki (Kenia), Pierre Nkurunziza (Burundi) e Abdallah Yusuf (Somalia), ma il protagonista è stato il vulcanico Gheddafi, visto che l’oleodotto da 320 chilometri che punta al cuore dell’Africa lo costruirà la Tamoil East Africa Ltd, filiale della compagnia libica Tamoil Africa, con un investimento di 71,2 milioni di dollari. A maggio inizieranno i lavori dell’oleodotto Mombasa-Eldoret - Kampala permetterà di ridurre il costo del trasporto del petrolio in Kenya, Uganda, Ruanda, Burundi e Rdc.

Gheddafi ne ha approfittato per inaugurare a Kampala la più grande moschea dell’Uganda davanti ai 5 presidenti dell’Africa centro-orientale e a 3.500 rappresentanti di altri Paesi. Tanto per non smentire la vena di megalomania del leader libico, la moschea che sovrasta la capitale ugandese, e che è la più grande dell’Africa sub-sahariana, si chiamerà Gheddafi e potrà accogliere 12 mila fedeli. Il governo libico si sarebbe impegnato anche a assicurare la manutenzione del luogo sacro almeno per 10 anni.

In Uganda Gheddafi ha da farsi perdonare l’appoggio dato alla fine degli anni ’70 al regime folle e sanguinario di Idi Amin Dada, quando inviò 2.500 soldati a sostenerlo nella sua guerra perdente contro la Tanzania, fu proprio allora che iniziò la costruzione della immensa moschea inaugurata mercoledì. Ma Gheddafi non si è limitato a regalare condotte petrolifere e moschee, ha voluto partecipare al festival della gioventù afro-araba di Kampala, ed ha consigliato ai dirigenti africani di abbandonare la democrazia occidentale, compreso il sistema multipartitico ed il limite dei mandati presidenziali.

Altri usano il petrolio per esportare la democrazia con dubbio successo, Gheddafi lo offre in cambio di una adesione alle idee della Jamāhīriyya araba di Libia popolare e socialista, il rischio è che trovi sempre più ascolto in dirigenti africani che la democrazia non sembrano saperla maneggiare bene e tanto meno gradirla.

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