[25/03/2008] Parchi

Il parco internazionale nelle Curili meridionali affonda nel petrolio del Mar di Ohotsk?

LIVORNO. Un’associazione ambientalista giapponese dell’isola di Hokkaido ha proposto di estendere il parco nazionale di Shiretoko, alle Curili meridionali che fanno parte della Russia. Il parco della penisola di Shiretoko, patrimonio mondiale dell’Unesco dal 2005, si trova nel nord-est di Hokkaido, all’estremo nord del Giappone, ed include una vasta area marina protetta che circonda lo Shiretoko Cape, rappresentando un esempio di interazione tra ecosistemi marini e terrestri molto produttivi e influenzati dalla formazione stagionale dei ghiacci a basse latitudini nell’emisfero nord.

Il parco ospita numerosissime specie di fauna e flora marine e terrestri, molte delle quali endemiche o in pericolo di estinzione ed è una importantissima zona di nidificazione di uccelli marini e migratori, mentre il mare ospita una grande varietà di salmonidi, l’otaria di Steller e molte specie di cetacei. Gli ambientalisti vorrebbero sottoporre la proposta al summit del G8 (di cui fanno parte Russia e Giappone) che si terrà dal 7 al 9 luglio proprio ad Hokkaido.

Secondo gli ambientalisti giapponesi, dovrebbero essere subito avviati studi congiunti per lottare contro l’aumento delle temperature dell’acqua del Mar di Ohotsk, in seguito al rapido scioglimento dei ghiacci dell’Artide. Ma gli ecologisti giapponesi puntano anche il dito su quanto accade nelle Curili meridionali, dove, finita l’epoca d’oro del contrabbando “sovietico” di prodotti giapponesi, lo sviluppo economico e infrastrutturale rapidissimo sta portando ad una crescita inarrestabile di produzione di rifiuti ed inquinamento.

Detta così sembrerebbe una pacifica proposta di internazionalismo ambientale, ma i russi non sembrano aver preso bene la proposta giapponese, che sembra loro un ecologico cavallo di Troia. Infatti, secondo il governo di Tokyo le Curili meridionali (Kunashiri, Iturp, Shikotan e Habomai) sono state illegalmente occupate dall’Unione Sovietica alla fine della seconda guerra mondiale e la ferita è ancora aperta, visto che il Giappone considera la restituzione delle Curili come una condizione sine qua non per firmare un trattato di pace definitivo con Mosca.

Il tutto, secondo i russi, si basa su un equivoco nominale: «Benché abbia ufficialmente rinunciato, con il Trattato di San Francisco, a tutti i diritti sulle isole Curili, il Giappone afferma che il documento non precisa quali isole riguardi la denominazione “Isole Curili”», sottolinea piccata l’agenzia russa Ria-Novosti. Infatti il governo di Tokyo le chiama "isole Chishima" o, ancor più ufficialmente e burocraticamente, "territori settentrionali", considerandole ancora sotto la giurisdizione amministrativa della regione di Hokkaido.

A Mosca ribattono che le Curili sono, geograficamente e politicamente l’estensione delle altre isole Curili settentrionali e quindi russe a tutti gli effetti. Purtroppo per gli ecologisti giapponesi, quel che conta non è l’ambiente: le isole sono di interesse strategico per la Russia, sia perché permettono di controllare l’accesso delle navi nel suo porto di Vladivostok ed i suoi traffici nel Pacifico e verso la Cina, l’India, gli Usa e lo stesso Giappone, sia perché le Curili galleggiano letteralmente su un mare ricco di pece che copre enormi giacimenti di petrolio e gas.

Torna all'archivio