[25/03/2008] Comunicati

La Toyota vuole essere ecofriendly, ma non con gli operai filippini

LIVORNO. Nel 2007 la Toyota è diventata il primo produttore di automobili del mondo e anche le nostre televisioni sono invase dagli spot del modello Prius, un’auto ibrida che la casa giapponese presenta come il primo passo verso le emissioni zero. Un’immagine eco-friendly fatta di esibita sensibilità ecologica e soddisfazione del cliente.

“Oggi, domani, Totota” è lo slogan più usato nelle fabbriche di auto delle Filippine, ma qui l’immagine amichevole della multinazionale finisce, visto che lontana dai sensibili occhi occidentali la Toyota si rifiuta ostinatamente di riconoscere le libertà sindacali e che, anche se i diritti associativi dei lavoratori sono ufficialmente riconosciuti dalla legge, l’esercito filippino si è schierato in soccorso della Toyota.

Evidentemente, al governo filippino interessano più le promesse della Toyota di aumentare sostanzialmente la sua produzione entro il 2012 per far fronte all’impennata di richieste di auto che si prevede soprattutto in Cina, India e Russia. Quindi probabilmente avremo meno emissioni per auto e molte più auto che emettono (e che hanno bisogno di più materie prime, acqua ed energia per essere costruite).

La realizzazione della prima fabbrica della Toyota nelle Filippine risale al 1988, e solo dopo 10 anni di negazione di diritti salariali ed associativi gli operai sono riusciti a costituire un sindacato indipendente, la Toyota Motors Philippines Corporation Workers Association (Tmpcwa), che la multinazionale si rifiuta categoricamente di riconoscere, rifiutandosi di parlare con i rappresentanti del sindacato che fin dal 1999 ha l’appoggio della maggioranza dei lavoratori filippini della Toyota.

Il governo filippino si barcamena ma sta dalla parte dei potenti giapponesi. Nel 2001, la Tmpcwa ha organizzato una serie manifestazioni pacifiche contro l’atteggiamento antisindacale della Toyota che, per tutta risposta, ha licenziato 233 operai. Uno sciopero ha quindi bloccato le fabbriche filippine della Toyota per reclamare il reintegro dei licenziati. Ma forte del sostegno della casa madre in Giappone e delle alter multinazionali giapponesi impaurite dalla protesta operaia dei “docili” filippini, la Toyota ha minacciato di lasciare il Paese ed ha così ottenuto l’intervento della polizia che, sostenuta da vigilantes private, ha brutalmente disperse gli scioperanti.

Ma nel 2003 e 2004, la Corte suprema delle Filippine ha dichiarato gli scioperi ed ingiunto alla Toyota di intavolare negoziati collettivi. Tra il 2001 e il 2006, il Comitato per la libertà sindacale dell’International labour organization (Ilo) ha invitato ripetutamente la repubblica delle Filippine a far rispettare i diritti della Tmpcwa, ma il ministro del lavoro ha preferito sostenere la Toyota nel respingere ogni apertura verso i lavoratori.

La situazione è precipitata a gennaio, quando un distaccamento militare dell’esercito filippino, con la scusa di una operazione di appoggio allo sviluppo della popolazione locale, ha praticamente circondato la sede della Tmpcwa di Pulong Santa Cruz. Il 24 gennaio e il 4 febbraio militari ha fatto “visita” al sindacato e sottoposto ad interrogatorio i lavoratori presenti, intanto veniva realizzato un posto di polizia “speciale” per garantire la sicurezza della fabbrica Toyota di Laguna, e l’esercito pattuglia direttamente l’interno della officine e i reparti produttivi dalla fabbrica. La Tmpcwa spera solo che questo non sia il preludio a violenze, rapimenti e assassinii, visto che di solito la presenza di militari vicino ad una fabbrica non lascia presagire nulla di buono in un Paese tra i più pericolosi del mondo per gli attivisti sindacali. «Niente giustifica la presenza militare in questa parte della città - spiega il presidente della Tmpcwa Ed Cubelo - La comunità di Pulong Santa Cruz non ha la reputazione di vivere in maniera criminale o di essere una minaccia alla sicurezza, per poter giustificare l’instaurazione di una legge di tipo marziale».
Secondo l’esercito e la Toyota i lavoratori aderenti al sindacato sarebbero in realtà membri del New Peoples Army (Npa), un gruppo paramilitare del clandestino Communist party of the Philippines (Cpp), considerato un’organizzazione terroristica che viene combattuta senza guardare troppo per il sottile. In una situazione del genere la vita dei sindacalisti e dei lavoratori vale meno di un soldo bucato. Per questo, dal 3 al 7 marzo tre grandi organizzazioni sindacali Filippine, la Tmpcwa, il sindacato dei lavoratori della Nissan e quello della Nestlé, hanno partecipato ad una marcia di 5 giorni partita da Luzon (ribattezzata "capitale degli investimenti”) fino al palazzo presidenziale della capitale Manila, dove hanno chiesto al presidente delle Filippine Gloria Macapagal Arroyo di interessarsi delle attività antisindacali delle multinazionali Toyota, Nissan e Nestlé contro i lavoratori.

La lotta degli operai filippini è sostenuta da sempre da numerose organizzazioni in tutto in mondo ed in particolare dalla Fédération Internationale des organisations de travailleurs de la métallurgie (Fiom) e dai sindacati giapponesi che aiutano la Tmpcwa a far conoscere la sua lotta a livello internazionale. Nel 2006 è stato creato anche la "Zen-To-Union", un nuovo sindacato che si propone di riunire tutti gli operai delle fabbriche Toyota del mondo.

Torna all'archivio