[27/03/2008] Comunicati

Manca una ´materia´ di esame tra gli studi sul web

LIVORNO. Lanciarsi in previsioni sul futuro del web ha una percentuale di errore altissima. Quello che si dice ora può essere smentito non domani, ma addirittura ieri data la velocità e la magmaticità della materia ancora in larga parte da studiare e capire fino in fondo. In questa fase storica tuttavia, la discussione verte su un tema sul quale greenreport si è già speso e che divide moltissimo, ovvero: grazie ad internet in futuro tutto sarà gratis? Oggi il Manifesto dedica una paginata alla discussione criticando questa che definisce una “ideologia digitale” il cui profeta ha un nuovo nome e cognome: Chris Anderson, direttore del mensile californiano Wired che sta per lanciare quello che in molti prevedono essere il caso editoriale del 2009: Free.

Free è un libro nel quale si ipotizza appunto un mondo di servizi “gratuiti” grazie alle nuove tecnologie. Scavalcando le leggi economiche del rapporto domanda-offerta – spiega il manifesto – Anderson ritiene che si arriverà alla massima integrazione tra libero mercato, privatizzazione e centralità del consumatore, il tutto reso possibile grazie a processori informatici sempre più potenti e all’imperversare del digitale. «Un processo – spiega sempre il Manifesto – che interesserà tanto l’economia dei beni materiali quanto quella dei servizi e della conoscenza, all’insegna di un neoliberismo che non conosce ostacoli o frontiere».

Esempi? Anderson cita la nota iniziativa del gruppo rock Radiohead che ha messo il suo album scaricabile on line in cambio di qualsiasi cifra (anche niente). Un filone che porterà, secondo Anderson, addirittura ai voli gratis sulla scia del modello Ryanair.

Le lacune dal punto di vista economico del ragionamento sono messe già bene in evidenza dal giornalista del Manifesto, a partire dal fatto che «alle spalle del fluire informatico esistono comunque costose infrastrutture globali, articolate attività di ricerca e sviluppo, il diretto coinvolgimento di aziende ‘tradizionali’».

Poi aggiunge un´altra considerazione importante: «Colossi come e-Bay e Amazon fanno girare vagoni di materia e merci reali intorno al mondo, niente che si possa dare o scambiare gratis, e anche il commercio elettronico è sempre basato sulle comuni modalità di vendita: magazzini, pacchi, postali, registri contabili, casa ufficio. Soggetti e situazioni che esisteranno anche in futuro, con la necessità delle spese e guadagnare comunque». Dunque con poche decine di click si spostano tonnellate di materia che è costantemente in aumento anche grazie proprio a quei click.

Inoltre il Manifesto ben inquadra la situazione anche analizzando quelle che definisce “Le promesse mancate del web 2.0”, un pezzo nel quale vengono introdotti due altri elementi chiave. Partendo dal fatto che con internet 2.0 si indicano servizi on line quali blog, network sociali, siti come YouTube ecc., il primo punto è: dietro a tanti servizi di seconda generazione troviamo una nuova ideologia di mercato che sfrutta il lavoro volontario di tanti utenti e, in fin dei conti, sta rendendo milionari una manciata di imprenditori. Il secondo punto è quello già evidenziato da Paul Hartzog: le grandi aziende non sono più interessate ad esercitare il controllo sui mezzi di produzione (ormai nelle mani degli utenti); a loro preme solo impossessarsi dei mezzi di accesso».

Si tratta di un neppure tanto sottile filo rosso che lega questo modello a quello del reality show. Le grandi società creano un contenitore, un moderno Colosseo, poi aprono le gabbie e quello che succede succede. L’importante è che ci siano belve e gladiatori che, gratuitamente, non facciano mai mancare lo spettacolo. E’ come se un imprenditore avesse la possibilità di far lavorare i propri dipendenti senza pagarli e per di più convincendoli di essere liberi proprio perché non vengono pagati.

Una provocazione la nostra, ma non lontana dalla realtà. Realtà dalla quale però ci si distanzia in modo abissale proprio facendo passare il concetto che tutto può essere e sempre più sarà gratuito.
Da tutto l’attento e interessante ragionamento del Manifesto, infatti, manca un elemento chiave: l’impatto ambientale di questo ipotetico mondo a costo zero.

Internet non è assolutamente “gratis” per il nostro pianeta: nonostante infatti la tecnologia consenta di risparmiare energia e di materia per unità di prodotto, le quantità crescono. Pc più veloci e più potenti non sono altro che flussi di energia e di materia. Quindi Energia per farli funzionare (sempre in aumento), materia per costruirli (sempre in aumento), materia da smaltire (sempre in aumento). Parole come software libero avranno valore pieno quando il pc non avrà l’obsolescienza programma e non avrà la continua necessità di aggiornamenti anche hardware per stare al passo con le nuove tecnologie. Non scambiamo dunque pezzi di verità con il tutto, perché sarebbe un tragico errore. Affrontiamo la complessità della questione non tralasciando niente. Sapendo tra l’altro che un errore di analisi di questo tipo lo pagheremo tutti e indovinati per primi chi? Domandatelo (tanto per fare un semplice esempio) a quelli che vivono in mezzo alle discariche dei pc occidentali…

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