[28/03/2008] Comunicati

Elezioni 2008, a caccia di economia ecologica nelle liste: Sinistra Arcobaleno

Dal rapporto Ipcc nessuno può più far finta di niente: l´economia o sarà ecologica o rimarrà sepolta dalle sue insostenibili contraddizioni ambientali e sociali. Come mai questo metaobiettivo (che potrebbe essere il vero obiettivo bipartisan) è praticamente ignorato da tutti (o quasi)? Qual è la vostra posizione?
«Nessuno dovrebbe più far finta di nulla, ma non ho mai creduto che questo tema sia condiviso da tutti. Il modello di sviluppo liberista, quello che mette al centro solo il mercato e che misura lo sviluppo solo in base al Pil non ha mai accettato di confrontarsi con iil limite delle risorse naturali, con la loro non riproducibilità e dunque non vede quelli che noi ecologisti chiamiamo i limiti dello sviluppo. Non è un caso che al centro dei programmi della destra ma purtroppo anche del Pd vi sia una crescita indistinta.
La posizione e i programmi della Sinistra Arcobaleno sono intrecciati in tutte le loro parti al tema della sostenibilità ambientale e della riconversione ecologica dell’economia.
Noi ci prendiamo la responsabilità di dire cosa deve crescere (servizi al territorio, alla persona, alle città; energie rinnovabili, reti idriche nuove e pubbliche, merci su ferro e mare, una edilizia di qualità che risparmia energia) e cosa deve decrescere ( consumi energetici e merci su gomma, industria dell’auto, nuove autostrade, consumo del territorio agricolo, cementificazione delle coste). Per noi l’ecologia è una delle culture fondanti di un nuovo soggetto unitario e plurale della sinistra in Italia. La nuova sinistra italiana sarà fortemente ecologista, questo, tra le molte incertezze, è un dato certo».

Economia ecologica, economia sostenibile, significa governo democratico dei flussi di energia e di materia. Significa più governo collettivo ( cioè più politica) e meno "dinamiche autonome" del mercato ( cioè economia come sottosistema della politica e non il contrario). E´ d´accordo?
«Sono d’accordo. Arrivo a dire anche qualcosa in più: più politica e anche maggiori indirizzi pubblici in economia, incentivi e disincentivi, per orientare lo sviluppo verso i settori più innovativi e meno energivori, per penalizzare chi non si riconverte. Oggi chi parla del ruolo dello stato in economia o chi sostiene il primato della politica rispetto all’economia e agli enormi poteri della finanza viene ritenuto un “passatista” . Le cose non stanno così e ci dovrebbero far riflettere altri paesi europei che hanno orientato in modo assai cogente le loro scelte energetiche, che hanno riconvertito interi settori economici, che hanno scelto la produzione di energie rinnovabili non per finta (come è accaduto da noi). Non ho mai creduto che l’ambientalismo debba prestare attenzione prevalentemente ai parchi, alle produzioni doc, al piccolo è bello, alle belle città d’Italia. La riconversione ecologica del nostro sviluppo deve toccare i settori strategici, entrare a piedi pari dentro la struttura economica del paese, dentro il sistema trasportistico, dentro il ciclo delle merci, il sistema del credito, dentro l’impresa automobilistica e quella edile, dentro l’agricoltura».

Economia ecologica significa ottimizzazione e riduzione dei flussi di energia e di materia. Come mai sulla necessità di intervenire sui flussi di energia quasi tutti sono d´accordo (a parte il come che non è secondario) ma sui flussi di materia c´è il silenzio assoluto (a parte il segmento finale dei rifiuti sul quale tutti fanno riferimento alle direttive europee che prevedono il ciclo integrato con riduzione, recupero di materia, recupero di energia, smaltimento in discarica)?
«Vorrei ricordare a proposito di energia che due leader politici si presentano con la proposta di tornare al nucleare (Berlusconi e Casini) e questo a me sembra grave perché avviene nel silenzio dei media e senza alcuna polemica se non da parte della Sinistra Arcobaleno. Insomma ci sono idee molto diverse anche sulle politiche energetiche e sarebbe quanto mai utile che a Porta a Porta invece che discutere di sondaggi si discutesse di politiche energetiche mettendo a confronto i vari programmi. Sulla smaterializzazione dell’economia invece il ragionamento è più complesso, perché tocca direttamente il ciclo delle merci, i modi di produrre, i materiali che si usano. E il consumismo che è l’anima del liberismo. Non a caso oramai quasi tutte le forze politiche si rivolgono al cittadino consumatore (non al cittadino lavoratore, portatore di diritti, studente, ricercatore, disoccupato, precario etc…). Ma una nuova cultura economica , come avete detto voi all’inizio, può fondarsi solo sull’ecologia e sulla sostenibilità. Non ci sarà progresso umano se non si risolvono le grandi contraddizioni ecologiche (in primo luogo il profondo cambiamento del clima). E non ci sarà neppure sicurezza in un mondo dove miliardi di persone non possono accedere all’acqua (solo per fare un esempio.) Ho sempre pensato che la cultura politica e scientifica degli ecologisti sia anche una visione del mondo più giusta e più equa. L’unica che è in grado di interpretare il secolo che abbiamo di fronte e i suoi gravi conflitti».

Questo quotidiano si è più volte espresso a favore dell´utilizzo della leva fiscale per orientare l´economia verso la sostenibilità (meno tasse al lavoro più tasse alle produzioni e ai consumi inquinanti): lei è d´accordo?
«Ho già detto prima che credo molto agli incentivi e ai disincentivi, e dunque sono d’accordo con un sistema fiscale che sposti una parte sostanziale della tassazione dal lavoro ai consumi. E alle produzioni inquinanti. La carbon tax, ad esempio,era una scelta giusta, peccato non sia stata riproposta. C’è in Italia una idea vecchia del fisco e una resistenza ad innovare . Vorrei far osservare che molti paesi europei hanno messo già da tempo l’acceleratore sulla fiscalità ecologica, sarebbe ora di farlo con decisione anche in Italia».

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