[02/04/2008] Aria

Bangkok, i Paesi poveri: «Prima di tutto i soldi per l´adattamento»

LIVORNO. Al summit di Bangkok dell’Onu sul cambiamento climatico parlano i Paesi poveri e chiedono alle nazioni più ricche miliardi di dollari per far fronte al riscaldamento climatico e per abbandonare le loro industrie inquinanti e passare a produzioni a bassa intensità di emissioni di gas serra. Altrimenti nel 2009 non firmeranno il patto per stabilizzare le emissioni nel corso dei prossimi dieci anni e per tagliarle della metà entro il 2050.

Secondo i delegati dei Paesi in via di sviluppo (non emergenti come India, Cina e Brasile), le loro nazioni non possono permettersi di sostenere i pesanti costi di adattamento al gobal warming, il Bangladesh non può costruire dighe, mobili o fisse, per salvare le sue isole dal mare che sale, o gli stati africani ed asiatici non possono permettersi di trasferire interi villaggi minacciati da disastri ambientali sempre più frequenti o aiutare gli agricoltori ed i pastori colpiti dalla siccità.

«L’adattamento è fondamentale per la nostra stessa sopravvivenza - ha detto Selwin Hart, delegato di Barbados, a nome della Alliance of Small Island States – Se il finanziamento all’adattamento non fa parte di questo accordo, non abbiamo nessun incentivo a farne parte».

John Ashe, presidente del Group of 77 and China, una coalizione di Paesi in via di sviluppo che ha giocato un forte ruolo a Bali, ha detto che «I membri del gruppo lamentano di non poter usare le loro scarse risorse per la mitigazione , per la riduzione dei gas inquinanti come il biossido di carbonio, colpevoli dell’aumento delle temperature mondiali, se i loro urgenti bisogni di adattamento non vengono soddisfatti. L’ampiezza del problema è enorme e questo dà la misura dell’urgenza. Non è possibile fare la mitigazione senza fare l’adattamento».

Proprio l’assistenza ai Paesi poveri a dicembre aveva rischiato fino all’ultimo minuto di far deragliare il summit mondiale di Bali che ha deciso di avviare i negoziati che sono iniziati in questi giorni a Bali.

Molti Paesi in via di sviluppo sostengono che i Paesi industrializzati dovrebbero fare il primo passo per ridurre le emissioni di gas serra e aiutare i più poveri ad affrontare il global warming, solo così sono disposti a concordare azioni controllabili per frenare l’effetto serra. Insomma, i poveri non vogliono pagare sulla propria pelle e con le loro tasche vuote una situazione creata dai ricchi e che si ripercuote su di loro. Il problema è che senza interventi la situazione ambientale dei Paesi in via di sviluppo potrà solo peggiorare drammaticamente.

Ma la crisi economica non gioca in loro favore e in molti premono per rivedere gli impegni di Bali. L’unica cosa sulla quale le delegazioni presenti a Bangkok sembrano davvero d’accordo è che l’assistenza allo sviluppo calerà di molto al di sotto delle reali necessità che pone il cambiamento climatico.

Saranno a disposizione solo 204 milioni di euro all’anno attraverso un adeguamento dell’adaptation fund dell’Onu creato a Bali, con un massimo di un miliardo di euro all’anno se si guarda all’accordo sul clima successivo all’approvazione del Protocollo di Kyoto. Una cifra di gran lunga al di sotto dei 58 miliardi di euro che il Programma di sviluppo dell’Onu stima necessari attualmente di qui al 2015.

Diversi Stati hanno chiesto una percentuale del denaro generato dal mercato dei crediti di carbonio o di prendere in considerazione una tassa sul trasporto aereo e marittimo e dei combustibili.

Il Paesi poveri chiedono anche un maggiore e migliore accesso alle tecnologie necessarie all’adattamento al cambiamento climatico e l’assicurazione che I fondi per la lotta al global warming non verranno sottratti ai già scarsi aiuti allo sviluppo.

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