[07/04/2008] Comunicati

La Lingua Blu, o della globalizzazione zootecnica al tempo del climate change

LIVORNO. Cresce l’allarme Blue tongue, la febbre catarrale dei piccoli ruminanti conosciuta da noi come malattia della Lingua blu, che colpisce mortalmente gli ovini, ma capace di infettare anche capre e bovini. Una diffusione probabilmente favorita dal cambiamento climatico che sta mettendo in gravi difficoltà la zootecnia europea, tanto che il ministero della salute ha convocato una riunione per giovedì prossimo per capire come affrontare una emergenza che ha bloccato il 60% degli allevamenti italiani.

Le preoccupazioni crescono in questo periodo perché la Lingua Blu è una malattia stagionale, estiva-autunnale, gli insetti vettori della malattia con il freddo, diminuiscono e cessano la loro attività, per riprenderla con i primi caldi l´anno successivo. L’Italia non è la sola: “quarantene” estese e persistenti, anche con abbattimenti di interi greggi e mandrie si sono avute un po’ in tutta l’Ue, a cominciare da Francia e Gran Bretagna. Nel 2007 l´Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), che ha sede a Parma, ha pubblicato una relazione di analisi epidemiologica e due pareri scientifici che prendono in considerazione gli sviluppi della malattia ed è in procinto di pubblicare una relazione per la seconda metà del 2008.

Per l’Efsa «L’accesso rapido alle banche dati sulla popolazione animale a livello nazionale è un fattore determinante per poter condurre rapidamente le analisi epidemiologiche. Tali informazioni, utili per comprendere le modalità di diffusione della malattia, hanno già aiutato l’Efsa a formulare una previsione accurata dell’area nel Regno Unito in cui la malattia si sarebbe propagata con maggiore probabilità a causa dei venti e di una serie di altri fattori».

Anche se in molti accusano i vaccini di aver addirittura favorito la propagazione della Lingua Blu, l’Efsa sostiene che questi, preferibilmente inattivati e che devono essere approvati dell’Agenzia europea per i medicinali, sono ancora lo strumento più efficace contro la Blue Tongue e pensa che, di fronte all’estensione della febbre catarrale ed al cambiamento climatico, dovrebbe essere presa in considerazione l´uso insetticidi ed altre misure preventive ai porti d’ingresso d’Europa, ma anche per il commercio di animali all’interno dell’Unione europea tra aree contagiate ed aree esenti da febbre catarrale. Il problema è che non esistono insetticidi specifici contro i Culicoides: sia gli adulti che le larve, sono difficilmente aggredibili in ambiente con l´utilizzo degli insetticidi consentiti per legge. Inoltre, i residui degli insetticidi hanno effetti negativi sull´ambiente e sugli alimenti. Neanche l´uso di sostanze repellenti da spargere direttamente sugli animali è considerato un sistema di prevenzione efficace e certo, mentre il Bacillus thuringiensis , utilizzato spesso per la lotta biologica a diversi insetti, si dimostrato inefficace con i Culicoides.

Nel dicembre 2003, sono state modificate le norme internazionali ed europee che regolano il controllo della malattia ed il Ministero della Salute emanato un provvedimento che permette di movimentare gli animali vaccinati anche dalle zone infette, perché secondo gli esperti internazionali gli animali vaccinati non si ammalano e non rappresentano più un rischio significativo per la diffusione dell´infezione anche verso territori indenni. Nei territori dove non è stato completato correttamente il piano di vaccinazione, è necessario che la circolazione virale sia cessata da almeno da 60 giorni. Misure che vengono poste in atto per tutelare e i territori indenni che ricevono gli animali provenienti da aree infette di Sardegna, Sicilia, Calabria, Basilicata, Puglia, Molise, Abruzzo, Campania, Lazio, Umbria, parte della Toscana, delle Marche, in Provincia di La Spezia ed in alcuni comuni dell´Appenino Tosco-emiliano, dove la vaccinazione degli ovicaprini e dei bovini è obbligatoria.

Il virus ha risalito l’Africa per raggiungere il Mediterraneo e conquistare l’Europa: «I primi casi – spiega il ministero dell’ambiente - furono segnalati in Sud Africa fra il 1652 e il 1870, quando vennero immesse pecore di razza Merinos ed altre razze europee. Dalla metà alla fine del Novecento si è diffusa mano, mano nel Mediterraneo Orientale, in Grecia, nella Penisola Iberica ed infine, ai Balcani e lungo le sponde sud e nord del Mediterraneo occidentale. Del virus della "Blue Tongue" sono conosciuti 24 diversi sierotipi. Un animale che si infetta con un sierotipo è immune nei confronti di quel sierotipo, ma resta recettivo nei confronti degli altri».

Nell’agosto 2006 la malattia è stata riscontrata in alcuni paesi dell’Europa settentrionale, fino ad allora si riteneva che fosse confinata solo nei Pesi mediterranei dell’Ue. Una vera e propria malattia della globalizzazione zootecnica, quindi. La Blue Tongue è una malattia diffusiva, ma non è contagiosa: non viene trasmessa da un animale malato direttamente ad un capo sano, non è pericolosa per l’uomo (nemmeno mangiando carne,formaggi e latte prodotti con animali malati), colpisce i ruminanti domestici e selvatici ed è trasmessa in particolare da moscerini del genere Culicoides che pungono i ruminanti per succhiarne il sangue. Pecore e capre che si ammalano possono morire subito, ma anche gli animali che sopravvivono alla fase acuta della malattia vanno spesso incontro ad un lento deperimento che porta alla morte o a perdite notevoli di produzione. I bovini, salvo rarissimi casi, non si ammalano, ma possono infettarsi e trattenere nel sangue il virus per almeno 60 giorni, cedendolo ai Culicoides che li pungono, che così infettati trasmettono il virus ad altri animali.

Negli ovini la malattia si manifesta con febbre alta, fino a 42 gradi, poi il virus colpisce la bocca (da qui il nome di lingua blu) e impedisce agli animali di nutrirsi. Vengono colpite anche le zampe, e poi, spiega il ministero della salute «l´animale può morire per le imponenti emorragie causate dal virus o per complicazioni batteriche. La mortalità varia dal 2% al 50% ed oltre dell´effettivo aziendale, in base alla razza, alle condizioni degli animali (stato generale, età, alimentazione, corretta gestione aziendale) ed al sierotipo virale coinvolto».

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