[09/04/2008] Comunicati

Cambiamenti climatici e fotovoltaico: uno sguardo al passato

ROMA. Spesso la discussione sulle politiche necessarie a fronteggiare i cambiamenti climatici si soffermano solo sugli alti costi che esse avrebbero per la collettività e gran parte dei protagonisti del nostro sistema industriale le considerano nocive alla competitività delle nostre imprese. A questa argomentazione abbiamo giustamente contrapposto, dalle colonne di questo giornale, la tesi che invece si tratta di una straordinaria opportunità di futuro per il paese.

A sostegno dell’idea che è più conveniente sviluppare politiche contro il cambio di clima anziché continuare a far di tutto per non deciderle, propongo una riflessione su ciò che sta accadendo nel mercato fotovoltaico italiano. Da circa due anni lo sviluppo di questa tecnologia è stato affidato al “conto energia”, cioè un sistema a tariffa incentivante che remunera ogni KWh immesso in rete da pannelli fotovoltaici (il gestore della rete ha l’obbligo di acquisto), compensando anche il vantaggio ambientale che quella elettricità incorpora (produrlo non produce emissioni né climalteranti né inquinanti).

Più o meno un KWh fotovoltaico viene pagato dal gestore della rete 49 centesimi di euro, per 20 anni (un KW di potenza installato occupa nove m2 di tetto e genera ogni anno dai 1100 ai 1400 KWh a seconda dell’insolazione). Sulla base di questo sistema di incentivazione si prevede che entro il 2008 in Italia saranno installati 100MW di nuovi impianti fotovoltaici, moltiplicando il mercato di ben 20 volte e producendo in un anno 125000MWh di elettricità da fonte solare. Ogni KW installato costa nel nostro paese dai 6000 ai 7000 euro, contro i 3500 tedesco e quindi 100MW costeranno alla collettività dai 50 ai 60 milioni di euro (per dare la misura della truffa che si consumava con il Cip 6 e le cosiddette assimilate ogni anno gli italiani alla voce A3 della bolletta elettrica versavano alle finte rinnovabili quasi 2000 milioni di euro) compensati però, oltre che dai 100 MW di elettricità prodotta, anche da 600 milioni di euro di investimenti privati, nuova occupazione stimabile attorno alle 7000 unità e nuovo gettito fiscale in misura ben più rilevante dell’intero incentivo. In realtà si tratta di un’ottima occasione persa dal paese, visto che gran parte di quei 600 milioni di euro e l’occupazione ad essi legata, hanno creato business all’estero, perché in questo paese è stata fatta fallire la filiera industriale fotovoltaica e le ditte sono costrette a installare pannelli prodotti in Giappone e Germania.

Anche un paese come la Germania nella prima fase ha fatto trarre i benefici dei suoi investimenti all’estero. Ora però la Q-Cells, fondata nel 99, già nel 2006 fatturava 540 milioni di euro e attualmente è, dopo la Sharp, al secondo posto nella graduatoria mondiale. Mentre i nostri mediocri manager pensano a costruire centrali atomiche in Albania e rigassificatori in Italia, i paesi che hanno scelto di fronteggiare il cambio di clima investono sul sole e sulle rinnovabili. Chi avrà più futuro? Rispondo con una battuta: sono certo che i nostri capitani d’industria e i loro politici di riferimento se agli inizi del 900 avessero organizzato un convegno sui trasporti avrebbero invitato allevatori di cavalli e costruttori di carrozze anziché quegli strampalati inventori del motore a scoppio.

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