[16/04/2008] Parchi

Quale destino per il Mar Caspio?

LIVORNO. Il Mar Caspio, con i suoi di 371.000 chilometri quadrati di superficie, è considerato il più grande lago del mondo, ma in effetti si può dire che è un vero e proprio mare chiuso, con una massa d’acqua di 78.200 km³ e profondo fino a 1.025 metri. Un ecosistema enorme ma in grossa crisi, testimoniata dal pericolo di estinzione che vivono due delle sue specie simbolo: lo storione e la foca caspica.

Il problema ha un nome e cognome: petrolio e gas, con il relativo inquinamento indotto e le tensioni che la presenza dell’oro nero comporta quando si nasconde in terre ed acque intersecate da confini, magari anche molto recenti. A Teheran, la capitale dell’Iran, è in corso una riunione del Gruppo di lavoro per la Convenzione sullo statuto legale del Mar Caspio che cerca di dipanare una matassa della quale nessuno finora ha ancora trovato il capo dopo la frammentazione post-sovietica. I cinque Paesi rivieraschi del Caspio non riescono a raggiungere un’intesa.

Azerbagian, Kazakistan e Russia si sono già divisi il fondo del Mar Caspio in spicchi economico-politici ed invitano Iran e Turkmenistan a seguire il loro esempio. Ma l’accordo Baku-Astana-Mosca non piace all’Iran, che occupa tutta la sponda sud del Caspio e che propone di dividere il grande mare in parti uguali del 20% l’una. Proposta respinta con forza dall’Azerbaigian che vedrebbe così passare un terzo della sua attuale superficie caspica sotto la sovranità dell’Iran. Ma il conflitto si estende anche a quelle che una volta furono le repubbliche che insieme formavano l’Urss: il Turkmenistan rivendica il ricco giacimento di Sardar che oggi apparterrebbe all’Azerbaigian.

I disaccordi sono così gravi che un possibile accordo sullo status del Mar Caspio è bloccato da anni. Le delegazioni di alto livello riunite a Teheran, se riusciranno a trovare un accordo sul testo definitivo della Convenzione per il Caspio dovranno poi sottoporlo ai cinque capi di Stato per la definitiva approvazione, ed anche questa non è una cosa che non si può dare per scontata.

Intanto la devastante crisi ecologica del Mar Caspio continua: la depressione caspica sta subendo una desertificazione estrema e una perdita di rifornimento idrico da parte dei suoi immissari, per non parlare dell’inquinamento provocato dall’industria petrolifera e dai centri urbani che sorgono sulle sue rive.
Il Caspio sembra destinato sempre più a diventare una liquida miniera di energia e la via più breve per avviare il gas dell’Asia centrale verso l’Europa, ma rischia di diventare un mare morto, il più grande e lago ucciso da uno sviluppo distorto, e non importa che sia sovietico o post-sovietico, imperiale persiano o repubblicano islamico.

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