[18/04/2008] Parchi

Il fumo degli incendi soffoca Buenos Aires e il dialogo tra governo e agricoltori

LIVORNO. Sembrerebbe di essere a Giacarta, invece è Buenos Aires ad essere soffocata da una spessa cappa di fumo dovuta agli incendi appiccati ai campi coltivati per “bonificarli” e prepararli con il fuoco. Un fumo così denso che ha fermato gli aerei negli aeroporti e le navi nei porti di Buenos Aires, La Plata, Zarate e Campana provocato incidenti automobilistici e causato la morte di almeno tre persone e diversi feriti, costringendo a chiudere anche tratti di autostrada intorno alla capitale argentina. Gli ospedali sono pieni di gente con problemi respiratori ed oftalmici.

Il fumo ha raggiunto la capitale dell’Uruguay, Montevideo, a 223 chilometri ad est di Buenos Aires, bloccando molti voli aerei. Il governo, che ha qualche conto da saldare dopo la rivolta dei contadini dei giorni scorsi, da la colpa ad agricoltori ed allevatori, che rinnovano con il fuoco le terre arabili. Il ministro degli interni dell’Argentina, Florencio Randazzo, ha addirittura annunciato l’avvio di un procedimento giudiziario contro i proprietari terrieri.

Gli incendi hanno iniziato a svilupparsi diversi giorni fa a 1.300 chilometri a nord di Buenos Aires e si sono estesi su 70 mila ettari, 60 mila dei quali nella provincia di Entre Ríos, nel Delta del Paraná. 292 incendi si sono sviluppati intorno alla capitale e ieri la visibilità era praticamente nulla. La bonifica dei suoli agricoli delle isole del delta è cosa abituale, tanto che ha un nome per indicarla: pastizales. Le fiamme rischiano anche di incenerire il dialogo avviato tra il governo peronista e le organizzazioni degli allevatori e degli agricoltori argentini che chiedono di fermare gli aumenti delle imposte sulle esportazioni di carne, latte e cereali e oleaginose, sempre più costosi e richiesti in tutto il mondo.

Uno scontro molto forte che a marzo si è sviluppato in scontri con le forze dell’ordine e blocchi stradali e che potrebbe ricominciare il 2 maggio, come minacciano i capi del movimento agrario. Secondo quanto dice a Tierramerica Raúl Brasesco, capo dell’Agencia Experimental del Instituto Nacional de Tecnología Agropecuaria, «la propagazione del fuoco potrebbe essere il prodotto di una combinazione di come la siccità, il vento, l’abbondanza di foraggio e la minore quantità di bestiame. Nella zona c’è una gran siccità, e si è accumulata una grossa quantità di foraggio non consumato, perché ci sono meno animali ed esso è molto combustibile».

Il fuoco infatti si sprigionato da alcune isole del Paranà, dove è proibito l’utilizzo di concimi chimici e sono permessi solo l’allevamento di bestiame e l’apicoltura biologici. Almeno l’innesco degli incendi sarebbe quindi la pratica ancestrale di bruciare i pascoli secchi per rinnovarli, ma che di solito viene usata alla fine dell’inverno australe e non come ora in autunno, così le fiamme sono finite fuori controllo.

Secondo il direttore della Fundación Vida Silvestre, Diego Moreno, questa pratica non andrebbe proibita perché serve al miglioramento delle praterie, è la mancanza di norme a provocare disastri: «Questo fuoco è la dimostrazione della mancanza di gestione di questa pratica». La presidente argentina Cristina Fernández ha detto che il fumo che blocca Buenos Aires «non è il prodotto di un disastro naturale se non di aspetti della natura umana come l’irresponsabilità e la irrazionalità».

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