[21/04/2008] Energia

Il supercombustibile nucleare Usa non risolve i problemi...

LVORNO. Il supercombustibile nucleare sembrava l’uovo di colombo: un uranio più “potente”, caldo e di lunga durata per i reattori nucleari, quindi meno carburante necessario e meno scorie da smaltire. Per decenni scienziati e tecnici del nucleare hanno cercato, e stanno ancora cercando, la soluzione miracolistica per risolvere i problemi senza più pressanti della sicurezza, delle centrali, dello smaltimento delle scorie.

Ma l’ultima “scoperta” dell’high-efficiency fuel potrebbe rivelarsi instabile in caso di emergenza, e quindi porre grandi rischi di fuoriuscita di materiale nucleare nell’ambiente. La tecnica potrebbe addirittura produrre più rifiuti e più radioattivi e più difficili da stoccare in depositi sotterranei. Per aumentare l’efficienza dei reattori nucleari gli operatori hanno progressivamente arricchito l’uranio per aumentare la sua "burn-up rate”, una misura dell’elettricità prodotta da una determinata quantità di combustibile, espressa in gigawatt-giorni per tonnellata di uranio (GWd/tU).

La notizia dei problemi per l’high-efficiency fuel, apparsa su diversi giornali e siti internet specializzati americani, è una bella botta per gli Advanced gas reactors che promettevano più efficienza, meno scorie ed altri vantaggi per i reattori raffreddati ad acqua delle centrali nucleari statunitensi, anche come alternativa al nucleare di ultima generazione europeo (Iter) che sta passando anche lui i suoi guai.

La sfida della realizzazione di un carburante nucleare che brucia in modo più efficiente ed affidabile e a temperature più elevate sembra ancora tutta da giocare e gli entusiasmi iniziali si stanno repentinamente afflosciando. Eppure, i carburanti realizzati all’Oak Ridge National Laboratory, in cooperazione con l’Idaho National Laboratory e la Babcock & Wilcox Company, avevano promesso buone performance per i gas reactor fuel.

In test recenti, il carburante ottenuto aveva il 9% di burn-up, che i ricercatori consideravano «una significativa pietra miliare sulla strada del target del 16-18%». Un più elevato burn-up permetterebbe un più efficiente uso dell’uranio e meno scorie, rispetto al 3-4% dello standard del carburante utilizzato nelle centrali Usa.

L’esperimento era il primo degli otto finanziati nell’ambito del Department of Energy´s Next Generation Nuclear Power Plant project. «Gli elementi del carburante – spiegava una nota dell’Oak Ridge National Laboratory – sono costituiti da migliaia di piccolo sfere contenenti uranio e rivestite con carbonio e carburo di silicio per contenere i prodotti di fissione radioattivi. Le particelle sono compattate con uno speciale processo in fuel sticks e caricati in forma di grafite». Il carburante utilizzato per il primo test è stato realizzato dalla Ornl´s Materials Science and Technology Division e finanziato dalla Doe´s Office of Nuclear Energy.

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