[22/04/2008] Rifiuti

I cattivi odori non bastano per far chiudere un impianto

LIVORNO. Se un impianto di compostaggio non produce emissione tali da poter generare un concreto pericolo per la salute pubblica (come per esempio innocue maleodoranze) il sindaco non è legittimato ad imporre lqa cessazione dell’attività e neanche l’immediata adozione di tutte le misure idonee a escludere ulteriori fenomeni di inquinamento. Lo dice il Tribunale amministrativo della Lombardia che con sentenza del 2 aprile di questo anno dà ragione all’impresa che gestisce l’impianto e torto al comune di Terranova dei Passeri perché compete alla Provincia tutta l’attività di controllo sulla trasformazione dei rifiuti e la prescrizione di interventi finalizzati a migliorare le prestazioni.

La vicenda ha inizio quando nel corso dei lavori di varianti migliorative dell’impianto di trattamento finalizzato al compostaggio della forsu (frazione organica di rifiuti solidi urbani) il sindaco del Comune di Terranova dei Passeri sollecitato da ripetute lamentele dei cittadini dei comuni limitrofi è intervenuto con ordinanza contingibile e urgente. In altre parole il sindaco prescriveva, alla società, una serie di interventi sostanzialmente indirizzati ad eliminare o ridurre il livello dei cattivi odori promananti dall’impianto per il compostaggio di rifiuti urbani regolarmente autorizzato dalla Provincia di Lodi.

Il legislatore ha espressamente disciplinato l’esercizio dell’attività di compostaggio in modo tale da contemperare lo stesso con l’esigenza fondamentale di garantire la salute dei cittadini e ha preposto al controllo della regolarità degli impianti e dell’attività stessa la Provincia: alla Provincia è demandata la competenza ad accertare la regolarità dell’impianto e la sua corretta gestione, mediante appositi sopraluoghi e verifiche, nonché a sanzionare eventuali comportamenti non conformi alla legge e alle autorizzazioni concesse, al Sindaco è attribuito il potere di emanare ordinanze contingibili e urgenti ma solo quando sussista il pericolo concreto e imminente per la salute umana.

Ma in questo caso il pericolo concreto e imminente per la salute umana non sussiste e una normativa c’è: l’ordinamento prevede specifici strumenti di intervento, disciplinati dalla normativa (nazionale e regionale) vigente e demandati, quale organo di controllo, alla Provincia. Dunque al massimo ciò che può contestare il Comune è una cattiva gestione dell’impianto.

Del resto nella maggior parte dei casi la situazione di inquinamento olfattivo - che può essere considerato un fattore di alterazione del benessere - non sottolinea l’insorgenza di particolari pericoli reali per la salute dei cittadini perché la concentrazione dei composti responsabili degli odori sgradevoli è inferiore alle soglie di pericolo o in altri casi soglie di pericolo codificate non esistono.

Far fronte a questo tipo d’inquinamento può risultare molto complesso: innanzitutto perché determinati impianti come quelli di compostaggio sono necessari a recuperare rifiuti che altrimenti sarebbero destinati allo smaltimento con costi economici e impatti sulla salute umana ben più significativi del cattivo odore. Inoltre anche l’applicazione di tecnologie appropriate da parte degli impianti non elimina necessariamente il disturbo sofferto dagli abitanti, poiché ogni individuo ha la propria soglia di percezione degli odori.

Torna all'archivio