[23/04/2008] Comunicati

L´ultima chance per il pianeta...

LIVORNO. Una delle richieste che emergono ai paesi del G8 dalle ong riunite nel civil forum in Giappone è quella di porre in primo piano in agenda il tema delle emergenze globali. Cui ha già nei fatti risposto il primo ministro giapponese Yasuko Fukuda che ha inviato una lettera ai colleghi degli altri sette paesi che si riuniranno a luglio per il vertice G8, annunciando che in quell’occasione si discuterà del problema dell’emergenza cibo. Il fatto che per la prima volta in un summit G8 si affronti questo tema è senz’altro più merito della situazione contingente che non delle richieste che arrivano dalla società civile, che senza dubbio però hanno avuto la costanza di porre le problematiche sociali ed ambientali come nesso ineludibile dalle tematiche economiche, vero core business di questi vertici.

Il petrolio sale di prezzo di giorno in giorno e ormai non vengono smentite le stime che collocano a 200 dollari il barile la prossima tappa, nonostante l’Agenzia internazionale dell’energia parli di rischio di recessione totale. All’incremento del prezzo del greggio si aggiungerà adesso anche quello del carbone, divenuta merce sempre più rara per effetto del potente aumento della domanda, non seguito da analoga capacità di offerta facilmente reperibile. Seguono a ruota i prezzi dei generi alimentari, che non avevano conosciuto una simile impennata dalla fine della seconda guerra mondiale, con il raddoppio del prezzo di grano e cereali in un anno e l’aumento in Asia del prezzo del riso da 460 a 1000 dollari in sei settimane.

Il tema della crisi climatica e delle conseguenze che questa comporta in quella parte del pianeta (sempre più ampia) che vive in povera e che subisce per prima gli sfasci prodotti dal modello di sviluppo del mondo occidentale industrializzato non è, quindi, cosa diversa e avulsa dalle questioni economiche planetarie. Così come il caro cibo non è cosa diversa e avulsa dalla crisi economica che partita dagli Usa si sta man mano, come un’onda, riversando nel resto delle economie occidentali, con le principali ripercussioni su quelle più a rischio.

Così come scrive oggi sul Sole24Ore Alessandro Merli «le questioni alimentari non possono essere trattate, anzi risulteranno intrattabili, se non affrontate insieme agli altri due problemi globali dell’esplosione dei prezzi energetici e della crisi finanziaria». Il tema è posto ed evidente. Si tratta adesso di capire quali sono le misure da mettere in atto per rovesciare questa situazione che sta sfuggendo di mano alle potenze che hanno sino ad ora guidato l’economia del pianeta. E soprattutto a chi deve spettare il compito di delineare le strategie per evitare di arrivare al punto di non ritorno.
«Che il G8 abbia la capacità di districare questa matassa resta tutto da dimostrare» scrive ancora Merli «e d’altro canto – prosegue - non sembra che la comunità internazionale possa permettersi il lusso di aspettare fino a luglio».

Del resto gli allarmi sull’emergenza cibo arrivano in maniera continua da parte delle organizzazioni internazionali: «Uno tsunami silenzioso che minaccia di far precipitare oltre cento milioni di persone in tutto il pianeta nella fame» ha dichiarato Josette Sheeran, direttrice del programma alimentare delle Nazioni Unite (Pam). Milioni di persone che negli ultimi mesi hanno perso la capacità di sfamarsi per l’impennata dei prezzi dei generi alimentari e che si aggiungono a quelle che di fame muoiono da anni. «Il conto alla rovescia è partito» ha detto sempre la direttrice del Pam al summit di Londra organizzato da Gordon Brown e sembra difficile che le soluzioni possano aspettare la tabella di marcia stabilita dallo stesso premier britannico, che prevede di discutere di questi temi a giugno dai capi di stato dell’Ue, a luglio dal G8 e infine dalle Nazioni unite nella riunione straordinaria di settembre. Dal momento che lo stesso Brown ha ammesso che la fame «rappresenta anche una minaccia alla stabilità politica ed economica».

Sarà difficile poter aspettare anche che, con il possibile cambio di guardia, gli Usa si giochino “l’ultima chance” di candidarsi a leader mondialista dal volto umano, come sembrerebbe auspicare l’ex consigliere per la sicurezza nazionale di Carter, Zbigniew Brzezinski, che analizza nel suo ultimo saggio (di cui La repubblica anticipa oggi un brano), la politica condotta dagli ultimi tre presidenti americani che si sono succeduti nell’era globalizzata.

Quello che potrebbe e dovrebbe fare il nuovo gruppo dirigente che uscirà dalle prossime elezioni presidenziali americane è farsi carico di una riforma dell’Onu, in modo da renderlo rappresentativo delle istanze che caratterizzano attualmente l’umanità, e da renderlo davvero in grado di assumere una leadership mondiale. Un nuovo organismo multipolare che rappresenti anche quella parte dei paesi che sino ad ora non hanno avuto voce, che tenga in conto della crisi ambientale, economica e sociale che attraversa il pianeta e che sappia guidarlo fuori dal guado.

Torna all'archivio