[24/04/2008] Comunicati

Ambiente, lavoro e leghismi

FIRENZE. Con le ultime elezioni si è riaperta, a sinistra, la questione del lavoro. Con la conferma, dopo 14 anni, della tendenza dei lavoratori salariati a rivolgersi alla destra e nello specifico alla Lega Nord. Il fenomeno in Europa fu prima che da noi, ad esempio in Francia con Le Pen. Tra i tanti fattori che lo determinano c’è probabilmente, di nuovo, sotto altra forma, il conflitto lavoro/ambiente, espressione del più ampio conflitto tra globalizzazione economica e società locali che mette i lavoratori locali, spinti a temere fortemente il presente, contro gli immigrati. Spinti, a loro volta, dalla speranza di migliori condizioni di vita, dai modelli occidentali e dai conflitti dei loro Paesi sulle risorse ambientali (petrolio, acqua, prodotti agricoli/carestie).

La globalizzazione indebolisce gli stati nazionali e spinge le parti più deboli della società nella paura e al conflitto con gli ultimi arrivati. Ma siamo anche in piena terza rivoluzione industriale con la scienza e la conoscenza diventate fattori produttivi fondamentali, mentre il lavoro si individualizza e irrompono i “limiti” fisici, biologici e sociali dello sviluppo e della crescita economica.

Così la questione ecologica, delle risorse e del loro controllo e distribuzione, caratterizza la nuova rivoluzione industriale ma anche la deriva a destra di ampi settori del lavoro salariato, non solo in Italia che ha, però, problemi di transizione democratica irrisolti.

In questo contesto i bisogni di sicurezza personale, del lavoro, della famiglia, diventano parossistici. Al nord sono intercettati dalla Lega, al sud dalle mafie. A partire da qui l’idea, riformista, di innovazione e modernizzazione deve radicarsi a livello locale con risposte concrete.

In Toscana il fenomeno leghista è ancora marginale, ma presente, forse per la tenuta socio/culturale della storica rete di solidarismo che si esprime nei grandi numeri del volontariato e nella rete di relazioni. E che proietta istanze, diritti e libertà, ben oltre il lavoro e il mercato e si regge su una tradizione riformista consolidata ancora capace, forse, oltre le difficoltà crescenti, di coniugare innovazione e modernizzazione con equità e sviluppo sostenibile.

Le rivoluzioni industriali migliorarono le condizioni di vita di un terzo della popolazione mondiale, cresciuta in modo esponenziale, e portarono in due secoli alle soglie di una possibile catastrofe ecologica. Oggi continuano a crescere i consumi di merci procapite e assoluti di quel terzo di popolazione e i consumi di materia/energia. Gli individui si riconoscono nel consumo, cresce la deresponsabilizzazione e l’estraneazione monetarista verso il lavoro, il capitale, la natura.

Il paradigma della nuova rivoluzione industriale - la conoscenza come fattore di crescita - ma anche la globalizzazione dei mercati finanziari e il petrolio ben oltre i 100 dollari al barile, consentiranno di far fronte alle crisi ecologiche e sociali crescenti, alla crisi delle istituzioni?

E’ possibile che il lavoro divenga libertà primaria delle persone e capacità di trasformazione sociale oltrechè assunzione consapevole di responsabilità verso le risorse ambientali e il futuro? Il riformismo, fornire risposte adeguate, dovrà dedicare un’attenzione forte al rapporto tra lavoro e sviluppo, tra lavoro e risorse ambientali, ben oltre la riduzione del lavoro a questione dell’occupazione, ben oltre l’idea obsoleta del lavoro fordista o della sua riduzione a questioni di sicurezza.

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