[24/04/2008] Parchi

Elba, i vandali amici dei cinghiali

PORTOFERRAIO. All’Elba i cinghiali si erano estinti dal 1802, sono stati reintrodotti, di origine centroeuropea ed ibridati con i maiali, negli anni ’60 – ’70, a scopo venatorio. I cinghiali ungheresi e polacchi hanno trovato nell’isola dell’Arcipelago Toscano l’eterna primavera e cibo abbondante e le femmine hanno cominciato a partorire due volte all’anno, con cucciolate che arrivano anche a 12 individui a femmina. Senza predatori naturali e con un’attività venatoria tesa a conservare il numero molto alto per rendere più facile la caccia, gli ungulati sono diventati una vera e propria piaga per quel che rimane dell’agricoltura elbana, devastando vigneti ed orti, e per la biodiversità, con un impatto fortissimo sulle popolazioni di rettili, piccoli mammiferi e uccelli nidificanti al suolo. Una situazione ereditata dal parco nazionale dell’Arcipelago toscano al momento della sua istituzione nel 1996. Il parco ha provato, con risultati scarsi, a coinvolgere i cacciatori negli abbattimenti selettivi, dopo ha adottato un sistema che si è rivelato negli anni molto efficace: le trappole per la cattura dei cinghiali che nel 2007 hanno stracciato il record con oltre 700 animali catturati. Ma i “chiusini” disturbano molto gli amici dei cinghiali, che all’Elba non sono certo gli ambientalisti che chiedono l’eradicazione di questi suinidi introdotti dall’uomo, con continui e fantasiosi sabotaggi e completa distruzione delle trappole, furti di cinghiali dalle gabbie del parco, spargimento di sostanze repellenti.

Il parco ha avviato corsi per far diventare i cacciatori elbani selecontrollori dei cinghiali, permettendo loro di partecipare così agli abbattimenti (individuali) nell’area protetta, ma la tradizionale caccia alle squadre è legata alla pratica della battuta, con squadre di cacciatori che spesso somigliano nei loro comportamenti a tribù, e l’apertura del parco invece di pacificare gli animi sembra aver indispettito gli interessati amici elbani dei cinghiali, tanto che l’ente parco ha emesso oggi un comunicato dove denuncia l’incremento dei sabotaggi pro-cinghiali.

«Dal 9 aprile ad oggi, dunque in poco più di 15 giorni, sono state sabotate 16 gabbie messe dal parco per la cattura dei cinghiali – si legge in una nota del Pnat - E’ l´azienda agricola che ha avuto l´incarico dal parco di gestire le catture degli ungulati che ce lo segnala. Il Parco ha, da quest’anno, avviato un nuovo sistema di gestione delle gabbie che permette un sicuro risparmio rispetto al passato e incentiva le catture. Non appena il Parco ha rimesso in funzione il meccanismo, attuando il piano di controllo degli ungulati con le gabbie, subito sono ripartiti gli atti di vandalismo che vanno certo a discapito di tutta la collettività in termini di spreco di denaro pubblico. I metodi sono vari: si va dallo spargimento di creolina o di canfora, al taglio della rete, al furto o danneggiamento della porta, fino all’utilizzo della gabbia come gabinetto. Senza contare che in alcune parti dell’isola bande organizzate e ben conosciute impediscono addirittura che le gabbie vengano installate. Questi atti di teppismo organizzato da amici dei cinghiali vanificano ogni sforzo dell’ente che sta impiegando danaro e risorse umane inutilmente. Gli agricoltori, i cittadini, gli albergatori, che vedono distrutti orti, vigne e giardini e che telefonano al parco per chiedere aiuto, devono sapere che è anche grazie a questi delinquenti che non si riesce ad ottenere i risultati sperati. Non è la prima volta che succedono queste cose e nessun Comune ha mai espresso solidarietà al Parco, mentre siamo sempre pronti a dire ai cittadini quale siano le responsabilità sull’emergenza ungulati e a criticare i sistemi usati. Occorre la collaborazione di tutti e in particolare dei Comuni che devono aiutarci a condannare e scoraggiare questi sabotaggi».

Naturalmente, quando i cinghiali danneggiano coltivazioni e giardini o distruggono i muri a secco, la colpa viene immediatamente affibbiata al parco, colpevole per il solo fatto di “esistere”, magari dagli stessi che i cinghiali li hanno introdotti all’Elba e da quelli che sabotano le gabbie, oppure da assessori all’ambiente come quello del comune di Capoliveri (guarda caso un cacciatore di cinghiali) che ha invitato il parco a non mettere le trappole nella zona di Calamita, compresa interamente nell’area protetta, dove, guarda caso, si registrano i maggiori episodi di distruzione e sabotaggio dei chiusini.

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