[28/04/2008] Energia

Cile: gli ambientalisti rompono il patto con la Bachelet

LIVORNO. I patti elettorali per l’ambiente tendono spesso a diventare rapidamente carta riciclabile, è quello che denunciano 23 associazioni non governative cilene che nel 2005 firmarono l’ "Acuerdo de Chagual" con quella che sarebbe diventata il primo presidente donna, la socialista Michelle Bachelet (Nella foto), appoggiata dalla coalizione di centrosinistra Concertación de Partidos por la Democracia.

Secondo gli ambientalisti cileni, la Bachelet ed il suo governo avrebbero violato «in maniera flagrante l’accordo di non includere l’opzione nucleare nella politica energetica nazionale». Il ministro incaricato dell’ambiente Ana Lya Uriarte, ha detto che la presidente «rispetterà integralmente l’Accordo di Chagual» e che con gli ambientalisti c’è solo «una differenza di interpretazione».

Durante una conferenza stampa con i corrispondenti esteri, il portavoce del governo, Francisco Vidal, ha detto «La porta del governo è sempre stata aperta per le organizzazioni. Gli ecologisti hanno diritto di prendere le decisioni che gli piacciono. Però questo governo, come tutti quelli della Concertación, è riuscito a trovare o a tentato di trovare l’equazione intelligente tra le necessità di sviluppo e crescita produttiva e la tutela e la sostenibilità ambientale. Se gli ambientalisti credono che abbandonando la Concertación e associandosi alla destra otterranno sostenibilità ambientale, che Dio li guardi dai furti confessati».

Manuel Baquedano, presidente dell’Instituto de Ecología Política, ha spiegato all’agenzia Ips che la fine del patto «non significa che si sono rotte le relazioni con il governo. Valuteremo caso per caso. Però prevedo uno scenario di maggiore conflittualità ambientale. Nei prossimi due anni ci troveremo di fronte alla voglia dell’esecutivo di approvare rapidamente dei progetti produttivi, che presentano anche problemi ambientali». Tutti progetti che vedono gli ambientalisti e gruppi di cittadini fortemente critici.

L’accordo aveva finora tenuto la conflittualità ambientale relativamente bassa e gli stessi ambientalisti ammettono che questo è accaduto anche se i problemi erano di più che negli anni precedenti. Evidentemente il patto si stava rivelando una gabbia dalla quale gli ecologisti cileni hanno deciso di uscire. Il primo fronte di scontro sarà probabilmente l’inquinamento atmosferico altissimo nella capitale Santiago, anche perché le previsioni per l’inverno australe che si avvicina non sono buone.

L’Accordo di Chagual prevedeva 10 punti, tra i quali la modernizzazione delle istituzioni ambientali e l’accordo per la rinuncia al nucleare ed alle coltivazioni Ogm. Gli ambientalisti riconoscono al governo di aver pronto il progetto di legge per costituire il ministero dell’ambiente e la superintendencia de fiscalización ambiental e di aver avviato progetti pilota per l’elaborazione della strategia nazionale di gestione integrata dei bacini idrografici., ma accusano il governo di centrosinistra di non aver fatto nessun progresso in altri importanti punti dell’accordo: contabilità ambientale, fiscalità e sostenibilità ambientale, appoggio alla ricerca, ai centri studio ed alle organizzazioni della società civile. «Mancano segnali riguardanti l’avvio di studi sull’impatto ambientale della riproduzione di semi geneticamente modificati e per la protezione dei ghiacciai» sottolineano le associazioni.

Ma a guastare il clima di non belligeranza è stata la crisi energetica e l’annuncio del governo nel 2007 di voler costituire la commissione presidenziale “Grupo de Trabajo en Núcleo Electricidad", con un finanziamento di 100 milioni di pesos (218.000 dollari) per studiare le possibilità del nucleare in Cile.
«Già allora alcune organizzazioni ecologiste chiesero di rompere il patto – spiega Baquedano – si optò per accettare le spiegazioni della presidente, che ci assicurò che durante la sua amministrazione non si sarebbe implementata l’energia nucleare fino a che non ci fossero stati gli studi necessari perché il prossimo governo possa prendere una decisione in proposito».

A terremotare la fragile tregua è stato il ministro dell’energia che il 27 di marzo ha annunciato un finanziamento di due milioni di dollari destinato alla valutazione dell’inserimento dell’energia nucleare nel pacchetto energetico cileno, scegliendo come occasione il meeting "Energía nuclear: una opción para Chile", finanziato da imprese straniere e patrocinato dal governo. Per Sara Larraín, presidente di Programa Chile Sustentable, con questa scelta « il governo va nella direzione contraria a quanto ha sottoscritto nel 2005».

Secondo gli ambientalisti, la Bachelet avrebbe ceduto alle pressioni di personaggi potenti come l’ex presidente Eduardo Frei Ruiz che è un sostenitore del nucleare e con questo la presidente ha «finito di seppellire il governo dei cittadini che ha promesso nella sua campagna elettorale». Il problema di fondo è che il progetto della Bachelet di instaurare un “gobierno ciudadano”, nel quale si inscriveva l’ “Acuerdo de Chagual” è sfumato. Risulta chiaro che nella seconda metà del mandato governo e nei partiti politici non c’è spazio per i movimenti sociali».

Intanto i leader ambientalisti denunciano di essere vittime di una stretta vigilanza da parte degli apparati di polizia, mentre le associazioni ambientaliste sarebbero sempre più infiltrate e i loro telefoni e computer messi sotto. Denunce e preoccupazioni alle quali il portavoce della Bachelet risponde che agli ambientalisti «raccomando di andare in un bosco tranquillo. Siamo in democrazia, sembra che qualcuno sia rimasto attaccato al tempo di Pinochet». Ironia a buon mercato, visto che proprio il sottosegretario agli interni, Felipe Harboe, ha detto di recente che occorre aumentare i controlli sulle associazioni ambientaliste e sui loro finanziamenti provenienti dall’estero.

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