[02/05/2008] Comunicati

Federalismo e decentramento

PISA. Raimondo Cubeddu e Paolo Pezzino mettono in guardia su Il Tirreno - anche con opportuni riferimento storici - dai rischi di un crescente decentramento dettato prevalentemente dai risultati elettorali dal conseguente rilancio delle esigenze ‘locali’ del territorio.

Se guardiamo al dibattito dei mesi scorsi in Toscana –quindi prima del voto - possiamo trovarvi già parte di questi argomenti, ad esempio, riguardo al ruolo dello stato e delle regioni e con queste dei comuni sul paesaggio. E come al solito c’è chi rivendica un ruolo forte della Stato e chi vorrebbe invece compartecipare di più e meglio alla gestione di queste competenze. Da un certo punto di vista potremmo dire che c’è poco di nuovo sotto il sole visto che è dal 1970 che il pendolo oscilla ora un po’ più ora un po’ meno da una parte o dall’altra con un esito complessivo assolutamente insoddisfacente. Ricordo le discussioni interminabili e ripetitive in Commissione Affari Costituzionali della Camera e nella Bicamerale per le Questioni regionali su ogni testo per ‘calibrare’ la ripartizione delle competenze e funzioni raramente premianti per le regioni.

Ma seguire dopo tanti anni quella stessa strada ossia della ‘ripartizione’ delle funzioni primarie ed anche condivise senza cogliere innanzitutto cosa è cambiato sia nelle ‘materie’ che nei ruoli istituzionali non solo dello stato e delle regioni credo che riprodurrebbe peggiorandole quelle esperienze per niente brillanti.

Prendiamo le materie più nuove rispetto anche agli anni settanta come l’ambiente. Lo stato ha riaffermato la sua competenza esclusiva ma la Corte in numerose sentenze ha detto chiaro e tondo che non si tratta di una materia e quindi non può essere esclusiva a tutti gli effetti dello Stato perché incrocia numerose competenze regionali dall’agricoltura all’urbanistica delle quali deve tener conto. Ma questo cambia anche i rapporti con gli enti locali che sul ‘territorio’ non possono non esercitare un ruolo importante. D’altronde dice pur qualcosa che degli enti di gestione dei parchi nazionali – quanto di più esclusivo della competenza dello stato - debbano farne parte le rappresentanze designate dai comuni e dalle province.

Ma oggi è sotto gli occhi di tutti che questa tripartizione delle competenze scricchiola in molti punti tanto è vero che si è tornati a discutere della abrogazione delle province, di ridisegnare anche se non abrogare tutte le comunità montane, di aggregare se necessario anche con le cattive i troppo piccoli comuni che qualcuno vorrebbe addirittura accorpare d’ufficio. Anche qui di nuovo non c’è granché ma è significativo che le cose si ripropongano proprio nel momento in cui si dovrebbe metter mano alla Nuova Carta delle autonomie.

Conclusione di questo sommario ragionamento; le materie oggi hanno assunto – diciamo così - una ‘composizione’ diversa; vedi la necessità di gestire il paesaggio in stretta connessione con la natura e tante altre cose come previsto dalla Convenzione europea, mentre i nuovo Codice lo separa sottraendolo alla competenza dei piani dei parchi. Eppure si è cercato più volte di modificare anche l’art 9 della Costituzione perché al paesaggio si affiancassero natura etc. Insomma non c’è solo la ripartizione tra centro e periferia ma anche ‘come’ si concepisce la gestione della ‘materia’.

E qui veniamo ad un’ultima ma importantissima e di fatto ignorata questione; quella della adeguatezza o giustezza del livello istituzionale. Dovrebbe essere chiaro che la filiera istituzionale da sola non è oggi in grado di gestire al meglio – appunto al giusto livello - tutta una serie di questioni non solo ambientali, tanto è vero che si sono moltiplicate agenzie, enti, aziende che nel complesso hanno ulteriormente frammentato e settorializzato quello che andava invece accorpato, integrato, pianificato unitariamente. I territori dei parchi come quello dei bacini non coincidono con nessuno dei livelli elettivi ma lì si pianificano realtà complesse e ecosistemiche che non a caso sono state affidate da leggi nazionali a enti o organismi ‘speciali’. Far finta che non ci siano o ridimensionarli come in qualche misura è già avvenuto non giova a nessuna riforma dello stato e di decentramento. Vale in Toscana ma non solo.

C’e insomma una sussidiarietà verticale ma anche orizzontale di cui si deve tener conto altrimenti poi non resta che piangerci addosso se le Riforme Bassanini e buona parte della riforma del Titolo V sono rimaste finora al palo o quasi.

R.M.

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