[05/05/2008] Parchi

Turismo, predatori e Parchi

PORTOFERRAIO (Livorno). Mentre si apre la stagione estiva 2008 quasi nessuno ricorda il grido d’allarme che si era levato dai luoghi di vacanza alla fine della passata estate: presenze in calo diffuso, perdita di competitività e, soprattutto, riduzione dei giorni di permanenza. Anzi, la bulimia costruttiva sembra riprendere fiato anche nell’arcipelago toscano, dove si cerca una riperimetrazione del parco nazionale per escluderne alberghi e altre zone di pregio allo scopo di poter incrementare i posti letto e le seconde case. Strano, perché avevamo letto di albergatori che, coscienziosamente, si opponevano a costruire nuove camere e anche all’incremento delle case di vacanza (all’Elba sarebbero già oltre 20.000!). E avevano ragione da vendere, visto che le statistiche ci informano che, su 100 stanze, solo 30 vengono occupate, in media, da aprile a ottobre e che lo stesso vale per le seconde case, ormai sfitte per gran parte della stagione. Che senso abbia costruire nuove case in un Paese a crescita zero e con le stagioni turistiche ridotte a una manciata di giorni resta un mistero. Che senso abbia ampliare le strutture ricettive quando, comunque, i luoghi dove andare sono sempre gli stessi è un mistero ancora più fitto. Nessuno sembra sospettare che è inutile innalzare nuove case, fare nuovi parcheggi, imporre nuovi porti turistici, rafforzare i trasporti e costruire nuove infrastrutture se poi i luoghi da godere non possono essere ampliati perché la natura è quella che è. Una spiaggia che può ricevere 100 bagnanti non migliorerà se ne arriveranno 200, anzi: la qualità del soggiorno si deteriorerà e non inviterà a restare più a lungo sul posto.

Verità ovvie, se non fosse che la triste realtà finanziaria dei comuni d’Italia è drammatica: uniche fonti di entrata sono proprio le concessioni edilizie, dunque più costruisci più guadagni. Ma in Italia di costruzioni ne abbiamo già fin troppe: si calcola un incremento di un metro quadrato di cemento al secondo, come a dire che, dopo la lettura di quest’articolo, avremo qualche centinaio di metri quadrati in più sottratti alla natura. E sappiamo bene cosa accade in quelle isole, una volta gioielli del Tirreno, che hanno scelto la strada della costruzione selvaggia e del turismo senza limiti, come Ischia. Nei tempi passati (senza arrivare ai romani antichi) l’isola era conosciuta da qualche pioniere che raccontava solo agli amici più cari il tesoro scoperto per invitare anche loro a visitarla. Successivamente si aprivano le prime strutture, in genere camere nelle case di abitazione, e solo qualcuno si metteva a cucinare quanto veniva dal mare o dalla terra. Poi è arrivata la scoperta dell’isola da parte del turismo di massa e l’infrastrutturazione ha preso un’accelerazione esponenziale, con il poco invidiabile risultato di soffocare gli elementi naturali dal territorio e di ricoprire tutto di cemento. Così le infrastrutture rischiano comunque il crollo, perché Ischia non è Rimini, e le infiltrazioni malavitose diventano la regola, visto che saranno capitali esterni e malavitosi a comperare e a sfruttare quella miniera d’oro. La ricchezza diffusa della prima fase del turismo, quella che consentiva a tutti di campare di piccola pesca e agricoltura, insieme con l’affitto di camere o con la ristorazione, scompare e la qualità del soggiorno crolla. Se non avesse le terme aperte tutto l’anno Ischia sarebbe già scomparsa del tutto dagli itinerari del turismo di qualità che resta più a lungo e ritorna (non ovviamente il mordi e fuggi che, anzi, da quelle condizioni viene incrementato).

L’isola del Giglio e l’Elba sono nella stessa condizione di Ischia prima dell’ultima fase, dunque potrebbero ancora scegliere un’altra via, come è accaduto per esempio a Capraia, dove si punta sulla qualità del soggiorno garantita dal Parco Nazionale e dall’area marina protetta. Come accade alle Cinque Terre, dove l’area marina protetta ha consentito di allungare la stagione da aprile a ottobre diluendo il picco delle presenze d’agosto e consentendo, nello stesso tempo, di ripopolare il mare di cernie e corvine prima scomparse. Ma il mondo di oggi è ormai comandato dai “predatori di futuro” (come li chiama Serge Latouche), sempre disposti all’accumulo senza limiti, mentre si dovrebbe pensare a consolidare quanto si è ottenuto e a puntare su distretti di qualità garantiti dove il turista sia disposto a rimanere più a lungo e anche fuori stagione. E invece qual è la risposta dei predatori dell’arcipelago? Revisione dei limiti del parco, azzeramento delle istruttorie delle aree marine protette, tentativo di delegittimazione degli organi del parco stesso. Se non ci fosse il Parco l’Elba assomiglierebbe già a Malta (dove non ci sono zone protette), un inferno di strade e cemento dove pure le spiagge sono ormai artificiali, gli alberghi hanno 2000 camere e il tempo si trascorre in piscine sovraffollate non riuscendo neppure a vedere il mare.

Non è questione di miopia, ma soprattutto di ignoranza dei meccanismi naturali e di incapacità di vedere come vanno le cose fuori dall’ombelico del proprio mondo. E’ questione di orizzonti irrimediabilmente limitati e di avere il profitto esponenziale come unica ragione (visto che qui non si parla più di scegliere tra la fame e la sopravvivenza, ma tra un accumulo che si vorrebbe infinito e un ragionevole consolidamento). Purtroppo su questa ignoranza soffia anche il vento dell’interesse politico di parte e della speculazione sempre in agguato, e verosimilmente assisteremo alla moltiplicazione degli alberghi e delle seconde case, sperando che agosto porti ancora più turisti che non sapremo come accogliere con decenza e che se ne andranno imprecando contro gli autoctoni tra ombrelloni gomito a gomito, barche in quinta fila e l’impossibilità di godere del mare. Ce ne saranno magari altri il prossimo anno e ancora per qualche stagione forse, ma non all’infinito, perché puoi ingannare qualcuno per un periodo limitato, ma non puoi prendere in giro troppe persone per troppo tempo.

Torna all'archivio