[05/05/2008] Energia

Greenpeace: «Il carbon capture and storage è una truffa»

ROMA. Una delle tecniche che si stanno sperimentando con la promessa di ridurre le emissioni di gas serra che innescano il cambiamento climatico è il carbon capture and storage (cattura e stoccaggio di CO2, Ccs), ma oggi Greenpeace rende noto il rapporto “False Hope – Why Carbon Capture and Storage won’t save the climate” che evidenzia che «la tecnologia Ccs non ha ancora dimostrato di poter funzionare.

Secondo il rapporto, «la tecnologia Ccs non arriverà in tempo per arginare i cambiamenti climatici. Non si prevede infatti che la tecnologia potrà essere commercialmente disponibile prima del 2030. Per evitare i peggiori impatti dei cambiamenti climatici, le emissioni mondiali dei gas serra devono invece iniziare a ridursi dopo il 2015, tra appena sette anni; la Ccs consuma molta energia: tra il 10% e il 40% dell’energia prodotta da una centrale termoelettrica. Si prevede che l’adozione su ampia scala della Ccs annullerà quindi i miglioramenti in termini di efficienza degli ultimi 50 anni e farà aumentare il consumo delle risorse di un terzo; stoccare la CO2 sottoterra è rischioso».

Il confinamento sicuro della CO2 nel lungo periodo non può essere garantito quindi secondo l´associazione ambientalista: «persino una quantità molto bassa di perdite di CO2 potrebbe compromettere qualsiasi sforzo per attenuare i cambiamenti climatici; la Ccs è una tecnologia costosa e potrebbe far raddoppiare i costi per la realizzazione di centrali a carbone, con un aumento dei prezzi dell’elettricità del 20-90%. Il denaro speso per la Ccs farebbe allontanare gli investimenti destinati a soluzioni sostenibili per i cambiamenti climatici, come fonti rinnovabili (eolico, solare, biomasse sostenibili) ed efficienza energetica; la Ccs comporta notevoli rischi legali e la legislazione che gestisca in maniera adeguata tali rischi non è ancora stata sviluppata».

Per questo Francesco Tedesco, responsabile campagna energia e clima di Greenpeace Italia afferma senza mezzi termini che «La Ccs è una semplice truffa. Voler puntare su una tecnologia immatura, ignorando fonti pulite già oggi disponibili, è ingiustificabile. Il compito del governo e dell’industria è ridurre le emissioni di gas serra, non trovare scuse per continuare a produrle come se nulla fosse. Le Alpi hanno già perso il 40% in massa dei propri ghiacciai. In Italia Enel continua a parlare di “carbone pulito”, lasciandoci credere che sarebbe possibile confinare fin da oggi le emissioni di CO2 sottoterra anche se questo è molto lontano dalla realtà delle cose. Se così non fosse, l’azienda abbia il coraggio di non inaugurare la nuova centrale a carbone di Civitavecchia fino a quando non sarà in grado di sequestrarne le emissioni di CO2”. Ogni anno l’impianto di Civitavecchia immetterà in atmosfera circa 10 milioni di tonnellate di CO2, mentre l’Italia dovrebbe abbatterne 100 milioni per rientrare nei parameri di Kyoto entro il 2012».

Eppure industrie, Stati, l’Ue e centri di ricerca pubblici stanno investendo nel Ccs in tutto il mondo, ma Greenpeace è preoccupata anche per questo, perché così si rischiano di distrarre gli investimenti nelle energie rinnovabili e nell’efficienza energetica verso «futili investimenti nella Ccs».

E gli ambientalisti si dicono contrari «anche alla realizzazione di centrali “predisposte alla cattura” della CO2, in quanto si tratterebbe di impianti che produrranno comunque milioni di tonnellate di gas serra nei prossimi decenni, nella vaga speranza che la Ccs possa funzionare in un lontano futuro. Insieme a Greenepace più di 85 organizzazioni non governative e associazioni chiedono che la Ccs non venga utilizzata come scusa per costruire nuove centrali a carbone, e che i governi diano priorità alle fonti rinnovabili».

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