[05/05/2008] Parchi

Stretto di Messina, ritorna il bracconaggio contro rapaci e cicogne

LIVORNO. Nei giorni scorsi, il Nucleo operativo antibracconaggio del Corpo Forestale dello Stato (Noa) ha fermato due bracconieri intenti a sparare all’avifauna che effettua la migrazione estiva attraversando lo Stretto di Messina, una “tradizione” venatoria che sembrava essere praticamente scomparsa negli ultimi anni. Una caccia illegale che colpisce le ondate migratorie di falchi e cicogne, in violazione di norme dello Stato ed europee, senza nemmeno avere una giustificazione “alimentare” ma solo quella della ricerca di trofei di caccia e di un superstizioso convincimento maschilista che fa diventare un rapace ucciso (soprattutto i falchi pecchiaioli) un talismano contro l’infedeltà coniugale. Nel 2007 erano stati denunciati cinque bracconieri, due dal Corpo forestale dello Stato, uno dalla Lipu e gli altri due dalla Lipu in collaborazione con i Carabinieri di Campo Calabro (RC). In collaborazione con il Corpo Forestale è stata inoltre smantellata una delle più importanti centrali del bracconaggio ancora attive.

«Sfiniti dal lungo volo – spiegano i volontari della Lipu - i rapaci planano a bassa quota sulla costa dove i bracconieri li aspettano per ucciderli a fucilate, appostati in bunker fissi di legno o cemento o addirittura nei terrazzi delle abitazioni, nonostante la caccia sia chiusa da oltre tre mesi e queste specie siano superprotette dalla legge». «In questi giorni – dice il presidente di Legambiente Calabria Antonino Morabito -, la migrazione sui cieli dello Stretto ha raggiunto il suo culmine. Già dal pomeriggio di venerdì alcune migliaia di falchi hanno, infatti, volteggiato tra Scilla e Cariddi e proseguito il proprio viaggio verso le regioni del centro-nord Europa. Nonostante le ali, però, non tutti riescono a superare l’ostacolo degli odierni “mostri marini” dell’epopea classica che, per tenersi al passo coi tempi, si sono dotati di armi e munizioni. Si continuano a sentire molti colpi di fucile da località come Calanna e Pellegrina, mentre l’azione di controllo svolta dai trenta uomini del Corpo Forestale dello Stato, a cui va il plauso di tutti i cittadini onesti, ha consentito di fermare due bracconieri a Campo Calabro e Catona».

La ripresa di questo tipo di caccia incivile coincide con il venticinquesimo anniversario dei campi internazionali a difesa degli uccelli migratori nello Stretto di Messina e rappresenta una preoccupante novità e forse un avvertimento rivolto al seminario internazionale che Lipu, Legambiente, Nabu e Wwf hanno tenuto proprio venerdì scorso per discutere dell’importanza per gli uccelli migratori di luoghi come lo Stretto di Messina, Gibilterra, Bosforo, Malta e le piccole isole. «Questa ripresa di un fenomeno che sembrava essere arginato dimostra quanto il problema, lungi dall’essere risolto, sia come un fiume carsico che ritorna in superficie ogni qualvolta diminuisce il livello di attenzione di tutta la comunità – dice preoccupato Morabito - Invitiamo i cittadini a denunciare senza alcuna esitazione coloro che con tali atti incivili gettano fango su tutta la nostra gente, uccidendo e rubando un meraviglioso patrimonio naturale che appartiene a tutta la comunità internazionale e che costituisce, in assenza di spari, un forte richiamo promozionale per il turismo primaverile in una terra affamata di concrete occasioni di lavoro».

Per Marco Gustin, responsabile specie e ricerca della Lipu e coordinatore del Progetto rapaci migratori, «Rispetto a 20 anni fa il fenomeno del bracconaggio sullo stretto si è notevolmente ridotto ma occorre fare molta attenzione: stimiamo che ancora oggi vengano uccisi ogni anno alcune centinaia di rapaci, vittime di commerci illegali o degli imbalsamatori». Anche il Wwf partecipa con campi di volontariato alla sorveglianza antibracconaggio e spiega che «Durante il primo anno di campo (1984) abbiamo contato 3.198 rapaci e 1185 spari, nel 2000 abbiamo contato 34.302 rapaci e 5 spari. Nella primavera del 2007 abbiamo avuto una migrazione spettacolare, con 38.367 rapaci, dei quali oltre 33.000 Falchi Pecchiaioli, la specie più comune. Abbiamo avuto solo tre spari da una casa (i bracconieri rimasti sparano dalle case o da posti nuovi) e l´uccisione di un falco di palude l´ultimo giorno del campo, quando eravamo rimasti ormai pochi e non si è riusciti a coprire tutte le aree a rischio».

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