[07/05/2008] Comunicati

Il cibo non manca, è troppo caro

LIVORNO. Il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon probabilmente non avrà letto le feroci critiche rivolte ieri alla Fao sul Corriere della Sera da Giovanni Sartori, ma di fronte alla crisi alimentare che pare inarrestabile difende appassionatamente il ruolo dell’organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura. «tenuto conto della gravità della situazione – ha detto durante una conferenza stampa – comprendo le frustrazioni di numerosi dirigenti africani, tra i quali il presidente Wade del Senegal, in particolare nei Paesi meno sviluppati». Wade, come Sartori, aveva chiesto di «abolire la Fao».

«In questi giorni ho lavorato in strettissima collaborazione con il direttore della Fao sulle risposte a corto, medio e lungo termine a questa crisi, e io stesso sarò presente al summit della Fao di metà giugno – ha detto il segretario generale dell’Onu – Invierò io stesso gli inviti a tutti i Capi di Stato e di governo possibili, al fine di riunirli a Roma per elaborare una strategia». Ban Ki-moon risponde anche alle critiche contro le troppe riunioni e i pochi fatti annunciando una serie di visite nei punti caldi dell’Africa e ricordando la sua partecipazione alla conferenza Onu sul commercio e lo sviluppo che si è tenuta recentemente in Ghana.

«Ho descritto l’impegno che abbiamo davanti in maniera molto brutale: se non è gestita correttamente, questa crisi potrebbe innescare numerose altre crisi che toccheranno il commercio, lo sviluppo ed anche la sicurezza politica e sociale nel mondo. I mezzi di sussistenza di centinaia di milioni di persone sono minacciati. La famiglia delle Nazioni Unite agisce di concerto per sostenere lo sviluppo agricolo, in particolare in Africa e nelle regioni più colpite. Ho chiesto ai dirigenti di non prendere misure che falsino il commercio e facciano salire i prezzi. Occorrono azioni immediate per fornire semi, concimi, ed alti “input” agli agricoltori più modesti, nel mondo intero. Questa crisi non spunta dal nulla. E’ il risultato di un decennio di politiche di sviluppo inefficaci e di negligenza».

Purtroppo per Ban ki-moon (e per il malthusianesimo di Sartori e Tremonti, dall’atro lato) il commercio è già falsato: come spiega Loretta Napoleoni su internazionale, «Nel mondo c’è da mangiare per tutti. I prezzi del cibo, al netto dell’inflazione, sono più bassi di quarant’anni fa e l’alimentazione è migliorata. Eppure un miliardo di persone soffre la fame. Sono le contraddizioni di un’economia globalizzata in cui le realtà locali scompaiono».

La Napoleoni non si rifà a proprie impressioni ma a quel che è scritto sul rapporto che i 400 scienziati dello Iaast hanno fornito alla Banca mondiale ed all’Onu. «il problema non è la scarsità dei prodotti alimentari, ma il loro costo, che in molti Paesi li rende inaccessibili ai più poveri - spiega implacabile la Napoleoni – L’impennata dei prezzi è legata all’aumento del prezzo del petrolio, alla voracità della domanda asiatica e alle difficili condizioni climatiche che si sono verificate in alcuni Paesi. L’inflazione alimentare moltiplica il popolo degli affamati e globalizza la crisi».

Quindi il problema non è (almeno per ora) che nascono troppi poveri, ma che sempre più poveri non possono accedere agli scaffali dei supermercati, mentre in occidente un terzo del cibo finisce nella spazzatura. Un terribile gatto che si mangia la coda: l’aumento dei costi del cibo impoverisce una nuova fascia di popolazione che precipita nella povertà estrema e colpisce le economie più povere che hanno meno risorse, mentre la Fao ed altre organizzazioni devono spendere sempre di più per poter fornire nuovi aiuti urgenti ai poveri e agli affamati che aumentano.

Anche per Kathleen Abdalla e Aslam Chaudhry, della Divisione sviluppo sostenibile del Dipartimento affair economici e sociali dell’Onu, e per John Pender dell’Istituto internazionale della ricerca sulle politiche alimentari «Non ci sono soluzioni a corto termine alla crisi alimentare attuale, al di fuori della distribuzione di un aiuto alimentare d’urgenza. Di contro, è indispensabile identificare misure a lungo termine – hanno detto i tre esperti durante una conferenza stampa all’Onu sui problemi riguardanti agricoltura, siccità e desertificazione - La crisi alimentare mondiale constatata oggi è prima di tutto il risultato dell’insufficienza degli investimenti osservata da un certo tempo, e che ha causato la diminuzione della produttività agricola dei Paesi in via di sviluppo. Questa diminuzione è stata a sua volta aggravata dalla degradazione dei suoli. La crisi non è dunque causata da un gruppo, un Paese o un tipo di coltura in particolare. E’ prima di tutto l’insufficienza di investimenti nell’agricoltura che impedisce una crescita della produttività che avrebbe permesso all’agricoltura mondiale di mantenere il ritmo e i rendimenti necessari per far fronte all’aumento della domanda legata alla crescita demografica».

Un ragionamento non maltusiano che però rischia di peccare di volontarismo illuministico: «I tre quarti della popolazione rischiano la fame non a causa della carestia ma del carovita – scrive la Napoleoni – Secondo il rapporto Istaad, per evitare la catastrofe non basterebbero né gli organismi geneticamente modificati né l’abbandono delle politiche di sostegno alla produzione di biocarburanti, che incidono solo per il 10% sull’impennata dei prezzi. La crisi alimentare è strutturale perché è legata all’applicazione dei principi neoliberisti nel settore agricolo dei Paesi in via di sviluppo. Secondo questi principi il mercato globale è il miglior arbitro dell’economia. Ma la mano invisibile, come la definiva Adam Smith, non è così magica come si pensava». Magica no, ma ci vede bene, perché colpisce duro sempre i più poveri, che hanno il difetto di voler mangiare e di fare troppi figli.

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