[12/05/2008] Parchi

Parchi con polpetta

PISA. Il nuovo ministro dell’Ambiente Prestigiacomo al pari dei suoi colleghi e colleghe è atteso alla prova delle molte questioni che l’attendono e tra queste non ultima quella dei parchi.
Pecoraro Scanio nel formulare gli auguri di rito le ha ricordato il Codice dei beni culturali che per la verità riguarderà il ministro dei beni culturali. Il riferimento tuttavia -forse involontariamente- di ben augurale ha poco perché proprio dal nuovo Codice dei beni culturali per il ministro dell’ambiente verranno i primi non semplici problemi.

Dopo la riappropiazione, infatti, da parte dei beni culturali del paesaggio che la legge quadro del 91 affidava alla pianificazione dei parchi, non v’è dubbio che il ruolo delle aree protette si depotenzia soprattutto rispetto a quella gestione integrata richiesta peraltro anche dalla Convenzione europea per il paesaggio.

Insomma c’è qui una polpetta poco appetibile che aspetta il nuovo ministro e che il suo predecessore non ha fatto nulla per evitare: così si è potuto manomettere la legge 394 senza colpo ferire. Eppure per molto meno si era chissà quante volte denunciato il pericolo di attentati alla legge quadro tanto da opporsi a qualsiasi aggiustamento. Poi arriva un siluro come questo e nessuno praticamente fiata, e non solo al ministero.

E nulla d’altronde era stato detto sulla legge delle coste della regione Sardegna che di fatto aveva anticipato questa norma tanto più sorprendente in una regione dove i parchi non riescono neppure a nascere (vedi Gennargentu) o non funzionano a dovere (vedi Maddalena di nuovo in discussione sulla base di un referendum poco propiziatorio).

Il che ci introduce ad un´altra questione estremamente delicata e importante ossia la protezione del mare e delle coste con la quale il nuovo ministro dovrà fare i conti.
E’ recentissimo un ennesimo appello dell’Unione europea per la tutela della biodiversità specialmente marina. A fronte del 10% del territorio protetto terrestre, quello marino arriva infatti a malapena all’1% e l’Italia con i suoi 8000 km di coste non sta meglio; basta vedere anche il rapporto tra siti comunitari terrestri e marini per cogliere in tutta la sua portata di questo ritardo.

E’ di pochi giorni fa anche un appello sottoscritto da tre parchi nazionali; Arcipelago toscano, 5 Terre e isola de La Maddalena. L’appello che avvia una collaborazione tra i tre parchi riguarda in particolare il Santuario dei cetacei che interessa le tre regioni italiane; Toscana, Sardegna e Liguria oltre alla Francia e al Principato di Monaco. Va detto subito che il Santuario -fermo praticamente al palo dopo l’insediamento a Genova dei suoi organi di gestione- riguarda un complesso di aree protette non solo nazionali che dovranno finalmente essere coinvolte tutte negli impegni fissati dalla legge ma di fatto mai concretamente e significativamente perseguiti. Ma prima ancora va rilevato che questi stessi parchi sottoscrittori dell’appello non sono stati finora messi nelle condizioni di esercitare pienamente -e non solo in riferimento al santuario- le loro funzioni a mare.

Il parco sicuramente più forte tra questi -quello delle 5 terre- gestisce infatti anche un’area marina ma lo fa con il ‘supporto’ della commissione di riserva ossia di un doppione che Pecoraro Scanio aveva proposto non di abrogare ma solo di dimezzare nei suoi componenti mentre è di questi giorni un appello per il Mediterraneo che chiede di ‘semplificare, semplificare, semplificare’. Invece in Italia le aree protette marine anche quando riescono ad arrivare a destinazione –vedi tra le ultime la Meloria- non vengono affidate interamente alla gestione diretta del parco ma di fatto ad una commissione che affianca l’ente parco in barba alla semplificazione e alla economicità della gestione. Ma all’Arcipelago toscano siamo ancora più indietro. Il parco che si è visto adottare il piano proprio in queste settimane non sa ancora se e quanta area marina dovrà gestire. Da anni si sta discutendo infatti non di area marina bensì di aree marine dove ognuno dei vari comuni dovrebbe avere i suoi ombrelloni ‘griffati’ parco. Altro che gestione integrata delle coste in cui si affanna con poco brillanti successi la comunità.

Ecco un´altra questione caldissima che attende il nuovo ministro al quale forse non è inutile ricordare non solo che le commissioni di riserva previste dalle vecchia legge sul mare erano gli enti di gestione delle aree marine perché gli enti parco sarebbero arrivati quasi un decennio dopo; ma ora gli enti ci sono e la legge stabilisce chiaramente che se l’area marina protetta confina con un parco gli viene affidata senza polpette ministeriali che invece continuano ad essere propinate con una disinvoltura
sconcertante.

E visto che ci siamo non sarà male neppure ricordare che la legge dell’82 faceva riferimento all’importanza ‘economica’ della riserva marina mentre la legge quadro del 91 all’art 2 ha considerato che per l’inserimento nei parchi nazionali delle aree marine, risultano preminenti ‘i valori naturalistici, scientifici, estetici, educativi e ricreativi tali da richiedere l’intervento dello Stato ai fini della loro conservazione per le generazioni presenti e future’. Il che sta a significare che non solo sono cambiate le forme di gestione; ente e non più commissione-ma anche le finalità dell’area marina che si identifica con quella del parco nel suo complesso senza distinzione di ‘luoghi’ terrestri o marini e che supera e va oltre la legge sul mare in coerenza con le scelte comunitarie e internazionali. Tutte le chiacchere che ogni tanto tornano in circolazione sugli ‘impedimenti’ che ad una più corretta gestione delle aree marine deriverebbero dalla legislazione sono in buona sostanza meri pretesti.

Al nuovo ministro -oltrettutto siciliana e quindi con qualche dimestichezza con i problemi marini- l’augurio di poter finalmente girare pagina. E se lo farà preparando anche la terza Conferenza nazionale dei parchi sarà meglio per tutti.

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