[14/05/2008] Consumo

Il pollo al cloro è davvero di maggiore qualità?

LIVORNO. La Commissione europea ha preso l’impegno di varare entro ottobre un regolamento per far cadere l’attuale divieto di importazione dei polli americani trattati con bagni a base di antimicrobici (prodotti a base di ipoclorito di sodio - comunemente chiamata varechina), mentre la Ue prevede che per questa procedura si utilizzi solo acqua potabile. La decisione è stata presa dopo l’incontro del Consiglio economico transatlantico, che si è tenuto ieri a Bruxelles, nato per facilitare le relazioni commerciali tra Unione europea e Usa e copresieduto dal commissario Verheugen per l’Europa e da Dan Price per gli Stati uniti d’America. L’apertura delle frontiere europee al pollo trattato con il cloro e quindi alla loro commercializzazione nei mercati comunitari, sarà comunque sottoposta ad etichettatura che ne indichi il trattamento subito e per un periodo di prova di due anni.

Un ulteriore passo avanti nelle politica europea verso un approccio di sanificazione di tutto ciò che attiene alle materie alimentari e che vale in termini di business almeno 200 milioni di dollari. Ma un passo avanti anche in termini di effettiva garanzia per la salute dei consumatori? Domanda non esosa, dato che se il trattamento del pollame con cloro potrà senza dubbio offrire maggiori garanzie dal lato della possibile contaminazione microbica del prodotto, niente dice infatti sull’effettiva qualità in termini alimentari e salutistici del prodotto stesso.

«Nello specifico – spiega la Coldiretti - sono i prodotti usati negli Usa (biossido di cloro, cloruro di sodio acidificato, fosfato trisodico e perossiacidi) che sollevano molte perplessità, sia per quanto riguarda possibili reazioni chimiche, variazioni del gusto, effetti tossici in caso di ingestione dei residui di queste sostanze, così come il rischio di insorgenza di ceppi di batteri resistenti, come conseguenza dell’uso estensivo degli antimicrobici». L’allarme della Coldiretti, condiviso anche dalla Cia, è che interessi diplomatici possano far passare in secondo piano la tutela e la sicurezza dei consumatori. Che in questo caso sarebbe “garantita” dal lavaggio del prodotto con sostanze disinfettanti, anziché sulla valutazione dei processi di allevamento e da quanto somministrato ai polli assieme al mangime.

L’approccio che vuole garantita la qualità estrema da un punto di vista igienico-sanitario di un prodotto, potrebbe avere anzi effetti indesiderati proprio dal punto di vista della garanzia della salute: un’eccessiva “sanificazione” degli alimenti potrebbe infatti a lungo andare, alterare l’equilibrio della composizione della flora batterica intestinale e quindi farci diventare più suscettibili alle infezioni microbiche.

E oltre a determinare – come abbiamo più volte sottolineato - un incremento (inutile e dannoso) della produzione di rifiuti, potrebbe anche mettere fuori mercato prodotti artigianali e locali non corrispondenti ai requisiti richiesti. Con doppio danno: alla salute e all’economia. O per meglio dire all’economia locale, perché a guadagnarci sarebbero ancora una volta le grandi catene di produzione alimentare e sanitaria.

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