[20/05/2008] Energia

I paradossi economici, sociali ed ambientali del petrolio

LIVORNO. Il petrolio sembra diventato un paradosso economico ed ambientale: l’Opec esulta con le casse piene e dice che il petrolio è sufficiente e non occorre aumentare la produzione ed uno dei suoi più ricchi produttori, gli Emirati Arabi Uniti, pensa che l’oro nero sia diventato un affare troppo prezioso per poterlo sprecare, quindi ha deciso di continuare a pompare petrolio dalle sue sabbie fin che ce n’è, ma di investire 500 miliardi di dollari nell’importazione del più economico carbone per produrre la sua energia. L’aumento vertiginoso del prezzo del greggio paradossalmente spinge lo sviluppo delle energie rinnovabili, diventate più appetibili ed economiche, ma anche l’utilizzo di risorse “sporche” e finora costose come le sabbie bituminose che i canadesi si preparano a sfruttare nel loro freddo nord e gli italiani nel caldo Congo Brazzaville, stringendo le poco igieniche mani di un eterno dittatore passato dalle divise verde-oliva del marxismo-leninismo alle giacche di Armani. Proprio l’Africa equatoriale e tropicale sta infatti diventando la nuova bollente frontiera del petrolio: il gruppo britannico Tullow Oil Plc ha annunciato la scoperta di un novo giacimento di petrolio a Taitai, nella regione di Butiaba, nell’Uganda occidentale vicino alla frontiera della Repubblica democratica del Congo Rdc) attraversata impunemente da signori della guerra, eserciti regolari, bande di tagliagole e diventata uno dei luoghi più pericolosi del pianeta.

Secondo Aidan Heavey, direttore generale di Tullow, questa scoperta «rafforza il potenziale petrolifero del bacino del lago Alberto. Dimostra l’esistenza di una rete di sfruttamento potenziale su oltre 70 km a partire da precedenti prospezioni realizzate da Tullow nella regione di Kaiso-Tonga». Ma su quella spugnosa frontiera quando si trova una risorsa di solito cominciano a cantare i kalashnikov e la notizia ha prodotto subito un aumento di tensione tra Uganda ed Rdc, con i due Paesi che si accusano vicendevolmente di sostenere le rispettive opposizioni armate. Ma l’Uganda, che ha usato per anni quell’area del Congo come casa propria, non rinuncerà facilmente a risorse che possono ridurre non poco le sue importazioni di 600 mila tonnellate all’anno di greggio, che gli costano almeno 250 milioni di dollari, mentre la richiesta è in continuo aumento. Probabilmente la terra dei gorilla dovrà assistere ancora a mattanze umane mascherate da odio etnico per il possesso di risorse che verranno sfruttate da altri.

Intanto una buona notizia viene dagli Stati Uniti: il governo Bush ha proposto di vietare le trivellazioni nelle zone umide dell’Alaska artica a causa della loro fragilità ecologica, rimangiandosi così i più devastanti progetti che aveva messo in campo. Il Bureau of Land Management ha chiesto una moratoria di 10 anni per le concessioni riguardanti 172 mila ettari di zone umide al nord ed all’est del lago Teshekpuk (Nella foto), nel bel mezzo della riserva nazionale petrolifera dell’Alaska, e il segretario agli interni Dirk Kempthorne ha vietato il trivellamento di pozzi nel più grande lago di acqua dolce dell’Alaska North Slopes, ricchissimo di gas e petrolio ma anche un habitat insostituibile per gli uccelli migratori ed i caribù. Hanno quindi vinto gli ecologisti, i popoli indigeni e gli enti locali che con un ricorso hanno costretto il governo Bush a rimangiarsi il progetto presentato nel 2006.

Ma il Bureau of Land Management Usa (che teoricamente dovrebbe difendere le aree protette) non molla e prevede nuove concessioni per il prossimo autunno nell’artico americano. La torta è molto ghiotta: secondo i geologi l’intera regione dovrebbe nascondere 2,8 miliardi di barili di petrolio, mentre nell’area vietata, sotto le aree di nidificazione e i pascoli estivi, ce ne sarebbero 800 milioni. Gli ambientalisti sono comunque soddisfatti: «Penso che si sia risposto all’interesse pubblico proteggendo la regione - dice Stan Senner direttore di Audubon Alaska – e questo da agli individui che si occupano di questo problema del tempo per lavorare ad una soluzione permanente».

Comunque l’approccio sembra essere ancora quello parziale, della protezione ambientale a scacchiera: il sindaco di Borough, Edward Itta, ha detto che «La vendita di concessioni può proseguire proteggendo gli habitat più fragili della regione. Tutti ci guadagneranno».

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