[20/05/2008] Acqua

Efficienza di distribuzione dell´acqua: nel 2013 al 75% in tutto il Paese

FIRENZE. E’ stato pubblicato uno studio di Assoknowledge, l´associazione di categoria dell´Education e del Knowledge di Confindustria, sul settore idrico in particolare su quello idropotabile. I numeri prodotti sono quelli più o meno noti: 55 miliardi di euro è la cifra necessaria per gli investimenti che sono pianificati per una copertura del 20% rispetto al fabbisogno teorico. Del resto secondo un´indagine del Coviri (Comitato di vigilanza sulle risorse idriche) nel 2006 gli investimenti realizzati sono stati la metà (51%) di quelli previsti.

Per Assoknowledge la conseguenza diretta della carenza di interventi sarebbe, un peggioramento delle perdite (siamo ora circa al 30%, dieci punti in più rispetto alla media Ue). L’efficienza nella distribuzione dell’acqua per il consumo umano permette di valutare la funzionalità degli acquedotti e delle reti di distribuzione che dai punti di prelievo portano l’acqua nelle case dei cittadini. Nel 2005, secondo un dato fornito da Istat, in media solo il 70% dell’acqua immessa in rete veniva erogata agli utenti. Più o meno quindi i conti tornano. La percentuale di acqua erogata sul totale dell’acqua immessa in rete di distribuzione, quantifica l’efficienza della rete stessa (tra le perdite però vengono computati anche i quantitativi di acqua destinati agli usi pubblici) e l’indicatore (di recente introduzione tra quelli statistici), fa parte del set di indicatori di servizio previsti nel Qsn (Quadro statistico nazionale) per le politiche di sviluppo regionale 2007-2013.

Quali sono gli obiettivi? Un obiettivo importante e definito è quello che riguarda le Regioni del Mezzogiorno che dovranno (nel 2013) far pervenire nelle abitazioni dei cittadini il 75% dell’acqua immessa in rete. Sforzo non da poco visto che, sempre secondo il dato Istat del 2005, ci si attesta ad un valore medio del 63%. Tra gli estremi bene la Calabria con il 70,7%, male la Puglia con il 53,7. Se prendiamo il valore target al 2013 per le regioni del Mezzogiorno e lo confrontiamo con l’efficienza della distribuzione idrica nelle altre parti del Paese, osserviamo una situazione più che positiva al Nord, dove si supera già nel 2005 il 75% e positiva al Centro Italia dove siamo intorno al 70% (leggermente al di sotto). Il dato però da evidenziare è la generale perdita di efficienza rispetto a quella riscontrata nel 1999. Eccettuato Veneto, Val d’Aosta, province autonome di Trento e Bolzano, Puglia e Sicilia, le altre regioni compresa la Toscana (che passa da un 75,5 al 70,2) vedono diminuire la percentuale di acqua che arriva alle abitazioni. Secondo Assoknowledge, è il sistema gestionale il principale imputato, incentrato troppo sulla componente pubblica solo in 5 Ato (Ambiti territoriali ottimali) su 91 sono i soggetti privati che gestiscono tramite l’affidamento con una gara.

Non si dice però che per lungo periodo non sono state dedicate risorse pubbliche per la manutenzione delle reti e solo con l’ultima Finanziaria sono stati stanziati 30 milioni di euro per il 2008 e 20 milioni a partire dal 2009. Secondo l’associazione Assoknowledge, una delle criticità del sistema è il debole controllo sui progetti pianificati, sia perché esiste un conflitto di interesse tra i controllori e i controllati (le società di gestione), entrambi facenti capo ai comuni, sia perché è difficile rescindere i contratti con le società inadempienti. Queste motivazioni sono fondate e rappresentano il nodo irrisolto dell’intero sistema.

Secondo l´associazione di Confindustria la strada risolutiva ai problemi per rimediare alle inefficienze suddette passa attraverso: una proprietà pubblica delle reti, l’abolizione degli Ato, la creazione di un´Autorità per il controllo, l´affidamento degli investimenti a società pubbliche patrimoniali. Se il “pacchetto” venisse attuato, sempre secondo l’associazione, dovrebbe incanalare investimenti anche dall’estero attraverso organismi finanziari internazionali. Che il sistema abbia necessità di cambiamenti è fuor di dubbio specialmente per quanto riguarda il rapporto soggetto regolatore e gestore. La strada a nostro avviso più praticabile è quella di un governo e gestione pubblica della risorsa con un sistema di controllo di “filiera” autonomo e scientificamente adeguato, con risorse di esercizio che provengono in parte dalla tariffa (che deve penalizzare gli abusi e salvaguardare gli usi vitali), dalla fiscalità generale per coprire il grosso degli investimenti e da risorse aggiuntive (es. Fondi europei). In questo modo verrebbe tutelata la risorsa idrica e gestita secondo la sua peculiarità di bene comune essenziale che non può essere soggetto a sprechi, speculazioni e a fluttuazioni di mercato.

Torna all'archivio