[21/05/2008] Energia

Quanto sono invasivi i biocarburanti

LIVORNO. Secondo un rapporto presentato a Bonn dal Global Invasive Species Programme (Gisp) «I Paesi dovrebbero evitare di piantare colture per biocarburanti che hanno un elevato livello di rischio di diventare specie invasive». Il Gisp ha anche classificato tutte le colture attualmente utilizzate per produrre i biocarburanti secondo il loro livello di pericolo di trasformarsi in specie invasive.

Il Gisp, fondato da Cabi, Iucn, South African National Biodiversity Institute e Nature Conservancy, è una partnership internazionale per la lotta globale contro le specie invasive, per la conservazione della biodiversità e per sostenere i mezzi di sussistenza, minimizzando l’impatto delle specie aliene.

Il rapporto “Biofuel Crops and Non Native Species: Mitigating the risks of Invasion” invita i vari Paesi ad effettuare una valutazione del rischio prima di autorizzare la coltivazione di piante per biocarburanti ed esorta i governi ad utilizzare specie a basso rischio ed a realizzare nuovi controlli per la gestione delle specie invasive. Secondo Sarah Simons, direttrice esecutiva del Gisp, «I pericoli rappresentati dalle specie invasive per il mondo non potrebbero essere più gravi. Sono una delle maggiori cause della perdita globale di specie, possono mettere a repentaglio il tenore di vita e la salute umana e costano miliardi in controlli e sforzi per la mitigazione. Semplicemente, non possiamo permetterci di star fermi e di non fare nulla contro questa minaccia».

Il danno economico prodotto dalle specie invasive in tutto il mondo supererebbe ogni anno gli 1,4 trilioni di dollari, il 5% dell’intera economia mondiale, gli Usa spenderebbero da soli 120 miliardi di dollari all’anno per il controllo e la mitigazione degli impatti infestanti di 800 specie invasive. Le canne Arundo donax provenienti dall’Asia occidentale sono già utilizzate per i biocarburanti, ma sono già diventate invasive nell’America del nord ed in quella centrale e sono considerate una delle cause dell’aumento del rischio incendi in California, mentre in Sudafrica sono diventate un vero e proprio problema nazionale, visto che hanno bisogno di molta acqua che viene così a mancare ad una popolazione umana in forte crescita.

Molte delle specie più appetibili per realizzare i biocarburanti hanno infatti il difetto di essere potenzialmente invasive, i Paesi ricchi hanno ormai sistemi adeguati di valutazione del rischio, ma la musica cambia completamente quando le piante per le agro energie vengono introdotte in Paesi in via di sviluppo, che sono molto più vulnerabili e che non sono in grado di mettere in campo attività di controllo e prevenzione dei rischi. Una cosa che naturalmente riguarda anche gli Ogm.

«Prevenire è meglio che curare – dice Geoffrey Howard, coordinatore del Global Invasive Species dell’Iucn – Dobbiamo bloccare le invasioni prima che si verifichino. L’industri dei biocarburanti è un concetto relativamente nuovo, quindi abbiamo l’opportunità unica di agire tempestivamente e di andare avanti nel gioco, ma non bisogna fare il passo più lungo della gamba».

Un altro esempio di invasione è quello della palma africana da olio, ottima per produrre biodisel, che è già diventata invasiva in diverse aree del Brasile, trasformando zone di foresta ricche di biodiversità vegetale ed animale in un omogeneo strato di foglie di palma.

Il rapporto è stato presentato alla Convention on Biological Diversity in corso a Bonn, in Germania, che secondo il Gisp «rappresenta la migliore opportunità dell’ultimo decennio per avviare un’azione globale contro le specie invasive. Gisp invita i delegati a riconoscere i pericoli causati delle specie invasive e raccomanda di valutare il rischio prima che vengano piantate le colture per biocarburanti. Inoltre, si invita la comunità scientifica a sottolineare urgentemente il disperato e urgente bisogno di ricerca su questo argomento».

Torna all'archivio