[23/05/2008] Comunicati

Anche gli italiani fra i futuri profughi ambientali?

FIRENZE. Amnesty International e La Nuova Ecologia, il mensile di Legambiente, hanno presentato oggi a Terra Futura, la mostra convegno internazionale in corso alla Fortezza da Basso di Firenze, il “Dossier sui diritti umani e ambientali”, che mette in risalto la situazione dimenticata dei profughi ambientali presenti e futuri: «Sono molto più numerosi dei rifugiati politici, etnici o religiosi ma ufficialmente non esistono, non sono tutelati dalla Convenzione di Ginevra, né beneficiano di alcuno status giuridico internazionale». Secondo il dossier, che riprende dati dell’Onu di cui greenreport aveva già scritto qualche tempo, sono 150 milioni gli esseri umani che rischiano di dover abbandonare le terre dove vivono entro il 2050 a causa del cambiamento climatico.

L’United Nations Development Programme (Undp) valuta in 344 milioni le persone esposte a cicloni tropicali, 521 milioni a inondazioni, 130 milioni a siccità e 2,3 milioni a frane, mentre per l’Ipcc 250 milioni di individui sarebbero minacciati dalla crisi idrica. Come è emerso anche ieri dalla giornata mondiale delle biodiversità, la mancanza d’acqua rischia di ridurre del 50% la produzione agricola in diverse aree del pianeta, mentre due miliardi di persone sono minacciate direttamente o indirettamente dalle conseguenze dell’innalzamento del livello degli oceani.

Amnesty International è anche preoccupata, in tempi di risorgente razzismo, per le forti ripercussioni geopolitiche che l’aumento del numero di profughi ambientali potrebbe determinare sugli equilibri mondiali: «un recente studio dell’Unione Europea prevede che un nuovo flusso di migranti arriverà nel vecchio continente entro il 2020, facendo aumentare la pressione migratoria e trascinando con sé un probabile aumento delle tensioni sociali già esistenti». Di fronte a scenari del genere le misure proposte dal governo più che propaganda sembrano il tentativo di fermare un’onda gigantesca con un colapasta.

Secondo Maurizio Gubbiotti, della segreteria nazionale di Legambiente, «Appare sempre più necessario aprire una nuova stagione in cui l’ambiente, la salute e il lavoro divengano diritti prioritari. Il problema non è quindi solo legato al riconoscimento di uno status giuridico ai profughi ambientali, la vera urgenza consiste nel capire che molte questioni legate all’ospitalità e all’accoglienza nei nostri Paesi devono in primo luogo essere affrontate attraverso un serio impegno collettivo nella lotta ai cambiamenti climatici».

Probabilmente gli italiani dovrebbero cominciare a pensare non solo alle barche miserabili che scaricano disperati sulle spiagge del nostro meridione, ma anche a quel che il riscaldamento globale sta innescando a casa nostra: «il rischio desertificazione – si legge nel dossier - triplicato negli ultimi 20 anni, riguarda già il 27% della superficie della Penisola, con punte del 60% in Basilicata, del 47% in Sicilia e del 31% in Sardegna. Secondo i dati del rapporto Enea 2006, il progressivo inaridimento del suolo coinvolgerà, nel corso dei prossimi decenni, anche la Campania, il Molise e la Puglia, creando i presupposti di una vera e propria emergenza ambientale. Uno scenario che induce quindi a considerare il nostro Paese non solo come destinazione ma anche come punto di partenza per i nuovi rifugiati ambientali».

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