[26/05/2008] Comunicati

Terrafutura, tante buone pratiche e qualche contraddizione

FIRENZE. Chi arriva a Terrafutura alla Fortezza da Basso di Firenze in genere si aspetta qualcosa. Sa di raggiungere la sede della mostra convegno sulla sostenibilità sociale, ambientale ed economica, sa di trovare gli stand delle buone pratiche di vita, di governo e d’impresa verso un futuro equo e sostenibile.
Chi arriva, magari per la curiosità e per la fama raggiunta da questa manifestazione può anche pensare di trovare chissà che cosa, magari tecnologie super raffinate, esperienze megagalattiche e un laboratorio di militanza super specializzata magari anni luce lontane dalla propria vita quotidiana.
Ma in realtà non è così. Perché Terrafutura è – soprattutto questa quinta edizione – luogo di alleanza e non solo fra gli espositori pubblici o privati, ma dei cittadini (certo orientati e sensibili a queste tematiche) che non vogliono essere lasciati e non vogliono sentirsi soli a percorrere la strada verso la sostenibilità.

Certo ci sarà qualcuno che si lamenterà dell’organizzazione, certo ci sarà anche chi va solo per comprare, ma è pur vero che quello che è stato proposto alla fortezza da Basso nei tre giorni di maggio ha un certo orientamento e dimostra che c’è qualcuno che si è posto delle domande e ha cercato di dare delle risposte e delle alternative al modello economico odierno.

Chi cerca soluzioni per un casa ecocompatibile le trova, chi vuole sapere di più sul commercio equo e solidale può avere informazioni al Villaggio dei popoli, chi vuole svincolarsi da un mondo finanziario convenzionale può farlo, il toscano che vuole conoscere cosa la propria regione ha fatto e fa per la sua popolazione può apprenderlo. Se qualcuno vuole mangiare biologico, avere una borsa in canapa, appendere ai propri lobi orecchini in materiale riciclato può farlo e chi vuole ascoltare esperti può partecipare a dibattiti.

Per chi poi ancora ha forze per arrivare al piano attico della palazzina Spadolini dopo aver percorso in lungo e in largo la cittadella fiorentina, trova la sezione “Comunicare la sostenibilità” perché sostenibilità significa anche essere consapevoli e informati. Dunque per chi desidera essere aggiornato sull’editoria e i media che si occupano delle tematiche che caratterizzano l’evento sono in rassegna libri, riviste, Tv, radio. Un’emeroteca e uno spazio eventi.
E proprio lì accanto alla spazio eventi c’era anche greenreport.it: un tavolo, pannelli espositivi e un computer. Sullo schermo la pagina web è quella del quotidiano on line per una economia ecologica.
Tante persone si avvicinano, alcune per curiosità, altre attirate dallo slogan “perché l’ambiente non è solo emozione” e altri (lettori assidui) per consultare il giornale, che continua ad essere confezionato, come ogni giorno, dalla redazione che ha sede a Livorno.

Si fermano, guardano, ascoltano, prendono i biglietti da visita e le brochure per diventare partner e… ringraziano. E non solo perché qualcuno ha speso un po’ di tempo nel “raccontare” greenreport.it, ma per il lavoro fatto. Perché, come dicevamo, la maggioranza dell’utenza di Terrafutura (e soprattutto quella che arriva al piano attico della palazzina Spadolini nello spazio dedicato alla comunicazione) vuole essere informata e vuole esserlo in maniera appropriata: interessati a tutto ciò che riguarda la sostenibilità e soprattutto disposti ad ascoltare, recepire e soprattutto a far tesoro delle proposte per riformare il modello economico. Magari condividendo più un’alternativa rispetto a un´altra ma la maggior parte consapevoli del fatto che qualcosa va cambiato.

Poi ovviamente ci sono gli estremi e c´è per esempio chi critica la scelta degli organizzatori di utilizzare le shopper in mater bi perché pur sempre prodotti commerciali atti ad aumentare il consumo, ma lo fa (giusto o sbagliato, condivisibili o non) con cognizione di causa e soprattutto proponendo un’alternativa: i sacchetti di stoffa o iuta portati da casa (Terrafutura doveva incoraggiare tale pratica).

Alla Fortezza da Basso in effetti ci sono anche delle contraddizioni: il bar interno alla fiera che non propone caffè biologico o equo solidale (costo 1 euro), che ha le classiche bottiglie in plastica d’acqua (costo 1,20 euro). In alcuni spazi espositivi le bibite offerte sono versate non soltanto in bicchieri di materiale organico o in plastica riciclabile ma anche in plastica non riciclabile quella cioè con il triangolo delle frecce che si inseguono con al centro il numero 7.

Ma nonostante tutto ciò la mostra convegno rimane un luogo di incontro, di confronto e di partecipazione dove ci si può “sentire a casa”, dove si può apprendere qualcosa di positivo e dove pubblici, privati e cittadini possono trovare alleanze, sistema, reti e professionalità, piuttosto che parcellizzazione, corporativismo e difesa dell’esistente.

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