[29/05/2008] Consumo

La crisi degli elettrodomestici e degli ecoincentivi a metà

LIVORNO. La sostituzione di elettrodomestici energivori con quelli di ultima generazione a basso consumo è una politica di orientamento del mercato verso una maggiore sostenibilità ambientale abbastanza condivisibile, pur se non esente da contraddizioni. Anche se è più la volontà di far crescere i consumi attraverso questa manovra piuttosto che un vero seme di economia ecologica, resta infatti il dato oggettivo che in questo caso un miglioramento sugli impatti ambientali dal punto di vista dei flussi energetici c’è.

C’è anche, ma in negativo, su quelli di materia e sui rifiuti, ma nell’ottica di un riciclo efficiente si può anche raggiungere, in teoria, un buon bilancio ambientale complessivo. Che tuttavia solo un Life cycle assessment potrebbe certificare. Detto questo qualche osservazione la meritano i dati forniti stamani dal Sole24Ore relativi proprio al calo di vendita degli elettrodomestici (il cosiddetto bianco) nel primi quattro mesi del 2008.

Ricordiamo che a dicembre del 2007 gli incentivi per la sostituzione – dopo un po’ di polemiche e di togli-aggiungi in finanziaria – furono inseriti nella manovra del governo Prodi con plauso corale anche dei produttori che speravano così di rafforzare le vendite. Invece pare che questo non sia avvenuto almeno nei “grandi bianchi” cioè frigoriferi, lavabiancheria, lavastoviglie arretrando sembra del 3%, mentre nei condizionatori il colpo di freno è stato vicino al 20% (pare soprattutto a causa del caldo che ha tardato ad arrivare).

E il nodo, sentendo anche Piero Moscatelli, presidente di Ceced Italia, è – secondo il Sole – non solo congiunturale in quanto «negli ultimi 10 anni le aziende del settore hanno investito in Italia 4 miliardi di euro per innovare e migliorare l’efficienza energetica dei prodotti. Il mercato però non ha premiato la più alta qualità sul fronte dei prezzi, mentre costi delle materie prime sono cresciuti in modo vertiginoso. Da qui il calo della redditività e la pesante delocalizzazione delle produzioni a minor contenuto tecnologico».

Tutto torna, insomma, anche se quasi mai nel conto che paga il pianeta: la crisi economica che si abbatte sui salari della fascia meno abbiente (come sempre) della società, fa sì che nei consumi di beni durevoli si cerchi di risparmiare il più possibile e se un elettrodomestico consuma meno energia ma ha un prezzo molto superiore difficilmente una persona si mette a fare il conto del beneficio in bolletta, ma pensa all’oggi e a quanti soldi ha nel portafoglio.

Per orientare veramente il mercato verso la sostenibilità ambientale e sociale, crediamo che in questa fase sugli elettrodomestici si potrebbe solo tentare la strada degli obblighi di produzione per tutti dentro uno standard che sia il più efficiente sui consumi e il meno impattante sulla materia. Se una persona avrà sempre la possibilità di scegliere un prodotto solo sulla base di quanto costa a lui, è inerziale che faccia la scelta del meno costoso.

O di quello che lui crederà essere il meno costoso. Il mercato dell’automobile insegna: più di tante campagne pubblicitarie o consigli per gli acquisiti o iniziative politiche di partiti o di associazioni in favore dei mezzi più ecologici, a far crescere le vendite dei mezzi meno impattanti ci ha pensato l’aumento vertiginoso del costo di benzina e gasolio.
Non ci resta dunque che la pedagogia della sofferenza (dei soliti)?

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