[03/06/2008] Acqua

Il riuso delle acque in Toscana? C´è ancora molto da fare

FIRENZE. Nei giorni scorsi a Prato si è tenuto un convegno promosso da Gida Spa dal titolo “Le sostanze pericolose: esperienze e prospettive. Il riuso delle acque”, che aveva come obiettivo generale quello di fare il punto su questo tema specifico, importante per gli impatti che le sostanze pericolose provocano sui corpi idrici superficiali e come scopo peculiare quello di illustrare le strategie sperimentali messe in campo da Gida attraverso impianti pilota per la riduzione nelle acque delle suddette sostanze.

Abbiamo chiesto a Marco Mazzoni, direttore tecnico di Hydrogea Vision Srl e consulente di Gida Spa che ha coordinato i lavori del convegno, di illustrarci quanto emerso a partire dallo stato dell’arte sulla normativa.

«Dopo l´emanazione del D.M. n. 367 del 2003, che aveva stabilito traguardi molto impegnativi da raggiungere entro il 2008 per i corpi idrici significativi italiani, e dopo il suo superamento ad opera del D.Lgs n. 152/06, la situazione normativa che definisce gli standard di qualità ambientale per le sostanze pericolose negli ambienti acquatici è praticamente in stallo. Mi spiego: il nuovo Decreto stabilisce limiti per un certo numero di sostanze pericolose (numero assai inferiore rispetto alle oltre 170 sostanze contemplate dal D.M.367), rimandando la ridefinizione complessiva degli Eqs (Environment quality standard) ad una sperimentazione locale che le Regioni devono effettuare per determinare le effettive situazioni di inquinamento presenti nei territori di loro competenza. Solo successivamente di potranno ridefinire gli standard, proprio sulla base dei risultati di queste sperimentazioni. Ma moltissimi degli Accordi di programma quadro (Apq) Stato/Regioni sono stati stipulati sui limiti previsti dal Decreto 367 e, pertanto, quei limiti fanno testo per i territori previsti dai citati Apq. Come si vede una situazione non molto chiara».

Normativa, diciamo così, ancora in fase di “transizione” ma impatto certo delle sostanze pericolose sulle acque superficiali. Qual è la situazione in Toscana?
«La Regione Toscana, all´indomani dell´uscita del D.M. 367/03, diede un incarico ad Arpat per effettuare uno screening delle sostanze pericolose effettivamente presenti nei corpi idrici toscani, sia interni che marino costieri. Arpat fece indagini accurate negli scarichi dei depuratori principali (zona del tessile, del cuoio, della carta), senza dimenticare i depuratori di acque reflue urbane non interessati da particolari cicli industriali. Furono identificate una ventina di sostanze pericolose, che sono diventate oggetto di indagini e di ricerche sui vari corpi idrici della Toscana. La situazione emersa non desta particolari preoccupazioni, anche se certi impianti dovranno affinare i propri processi depurativi per raggiungere i limiti previsti dalle norme».

Altro argomento toccato durante il convegno è quello dell’affinamento dei reflui industriali per la produzione di acqua da riutilizzare nei cicli produttivi. Come vanno le cose nella nostra regione?
«Come è, purtroppo, ben noto, in Toscana non ci sono numerosissime esperienze di riuso delle acque reflue depurate, soprattutto in agricoltura. Una delle non molte esperienze è quella dell´area tessile pratese ed è anche la più significativa. Infatti già da molti anni è stato realizzato un acquedotto industriale che distribuisce acqua proveniente dal depuratore di Baciacavallo alle industrie idroesigenti dell´area tessile, acqua che contribuisce a diminuire il prelievo dalla falda (e, quindi, a consentirne un cospicuo rimpinguamento) e che soddisfa qualitativamente le esigenze delle industrie di finissaggio (tintorie e rifinizioni) del territorio. Nel distribuire acqua proveniente dai processi depurativi, si deve, ovviamente, tenere sotto controllo il livello di concentrazione delle sostanze pericolose, cosa che avviene attraverso particolari processi di affinamento dei reflui, prima della loro immissione nelle reti distributive. In Toscana bisognerà incentivare il riutilizzo delle acque depurate non solo nell´industria, ma soprattutto in agricoltura. Naturalmente il settore su cui puntare in primis è quello florovivaistico, anche se si incontrano ancora resistenze, non sempre giustificate, da parte di molti operatori del settore».

In conclusione quali indicazioni sono scaturite dal convegno?
«Il convegno di Prato sulle sostanze pericolose, con particolare riferimento ai problemi legati al riuso delle acque reflue depurate, ha messo in evidenza problemi, possibili soluzioni e prospettive interessanti per il futuro del riutilizzo. Si è dato conto di numerose sperimentazioni effettuate, sia relativamente alle ulteriori possibilità di affinazione dei reflui con tecnologie all´avanguardia, sia in merito ad alcune importantissime sperimentazioni effettuate nel riuso di queste acque in agricoltura, che potranno aprire scenari di grande
interesse in un futuro, ci auguriamo, non remoto».

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