[03/06/2008] Rifiuti

Corte Ue: valida la direttiva che sanziona inquinamento navi

LIVORNO. La direttiva sull’inquinamento provocato dalle navi che prevede sanzioni in caso di scarichi in mare rimane valida perché la validità delle disposizioni, che stabiliscono un regime di responsabilità per gli scarichi accidentali, non può essere valutata né alla luce della convenzione di Montego Bay né alla luce della Convenzione di Marpol. Lo ha deciso la Corte di Giustizia europea che si è pronunciata oggi sul ricorso relativo all’attuazione nel Regno unito della direttiva sull’inquinamento provocato dalle navi e all’introduzione di sanzioni per violazione (2005/35/Ce).

La vicenda ha inizio nel 2006 quando alcune organizzazioni del settore del trasporto marittimo hanno presentato dinanzi alla High Court of Justice (England & Wales) un ricorso relativo all’attuazione nel Regno Unito della direttiva. Sostenevano che due disposizioni della direttiva non rispettassero la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (convenzione di Montego Bay) e la Convenzione internazionale per la prevenzione dell’inquinamento causato da navi (convenzione Marpol), che precisano le condizioni per l’esercizio dei diritti sovrani degli Stati costieri nelle diverse zone marittime. In particolare sottolineavano che le disposizioni europee istituiscono un regime di responsabilità più restrittivo per gli scarichi accidentali in mare limitando le deroghe previste dalle convenzioni internazionali.

La direttiva 2005/35 infatti riguarda l’inquinamento causato dalle navi e l’introduzione di sanzioni in caso d’infrazioni per poter infliggere sanzioni a tutti coloro, capitani, armatori, noleggiatori, società di certificazione, che saranno riconosciuti colpevoli d’aver causato o aver contribuito a causare un inquinamento illegale intenzionalmente o per negligenza grave. La direttiva riguarda gli scarichi in tutte le zone marittime, compreso l’alto mare, è applicabile a tutte le navi che fanno scalo nei porti dell’Unione Europea, qualunque sia la loro stazza.

Ma a detta dei ricorrenti la direttiva limita le deroghe previste dalle Convenzioni internazionali che dettano i requisiti necessari affinché lo scarico di sostanze inquinanti nella Zona economica esclusiva o zona equivalente di uno Stato membro e nell’alto mare non sia considerato una violazione. E può ledere pure il passaggio inoffensivo delle navi nelle acque territoriali perché la direttiva impone agli Stati membri di adottare norme nazionali che includano il criterio della negligenza grave ai fini dell’accertamento della responsabilità.

Dal canto suo la Corte dopo aver ricordato che le istituzioni comunitarie sono vincolate dagli accordi internazionali conclusi dalla Comunità, che prevalgono sugli atti di diritto comunitario (di conseguenza, l’inosservanza delle norme internazionali può incidere, in particolare, sulla validità di una direttiva) elenca le condizioni in presenza delle quali è autorizzata a verificare la validità di una disposizione comunitaria rispetto a un trattato internazionale. Da una parte, è necessario che la Comunità sia vincolata da quest’ultimo e, dall’altra, che la natura e la struttura di tale trattato non ostino all’esame della validità da parte della Corte.

Ma per quanto riguarda la convenzione Marpol, la Comunità non ne è parte contraente e quindi la sola circostanza che la direttiva incorpori talune norme contenute nel testo internazionale non è sufficiente di per sé per sindacare la legittimità di tale direttiva alla luce della convenzione.

La convenzione di Montego Bay invece è stata sottoscritta e approvata con decisione comunitaria, il che implica che è vincolante per la Comunità, ma tale convenzione non stabilisce disposizioni destinate ad applicarsi direttamente ed immediatamente ai singoli. Non conferisce cioè diritti e libertà che possano essere invocati nei confronti degli Stati, indipendentemente dal comportamento dello Stato di bandiera della nave. Di conseguenza, la natura e la struttura di tale convenzione non consentono alla Corte di valutare la validità di un atto comunitario alla luce di quest’ultima.

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