[06/06/2008] Parchi

L´alga diatomea pericolosa? Soprattutto per gli ambienti acquatici

FIRENZE. Dopo la “cozza zebrata”, Dreissena polymorpha, che ha invaso molti corsi d’acqua del nostro Paese (e della nostra Regione), ora il “pericolo” potrebbe arrivare dal mondo vegetale: si chiama Didymosphenia (Nella foto) geminata l’alga che si sta diffondendo in modo invasivo dal 2007 nel Nord Italia specialmente in Trentino e Piemonte. «Didymo - informano da Arpat - è una diatomea che usualmente vive in acque montane di fiumi e laghi, eutrofiche fredde e ben ossigenate nel Nord Europa e del Nord America (Canada), ma che dagli anni ’80 si manifesta in forma invasiva anche in acque mesotrofiche (con lievi segni di inquinamento) e di pianura, ed in particolare negli Stati Uniti ed in Nuova Zelanda». E ora anche da noi. L’alga si attacca alle rocce ed alla vegetazione del fondo del corpo idrico con il peduncolo biancastro di natura polisaccaridica assorbe il fosforo libero dalle acque ma la presenza dell’alga e il suo sviluppo non è legato a fenomeni di inquinamento, o dall’eccessivo livello di fosforo organico, anzi la didymo predilige acque oligotrofiche o a basso tasso di nutrienti.

«L’abnorme sviluppo - proseguono da Arpat (le fioriture si manifestano in tarda primavera) dà origine ad ammassi fibrosi caratteristici, grigio marroni con filamenti a coda di topo, nonché a schiume e mucillagini che fanno sospettare un inquinamento da detersivi. Quando l’alga muore restando a secco, l’intreccio o matassa dei suoi peduncoli assume l’aspetto di carta da cucina».

I maggiori problemi creati dallo sviluppo algale sono a carico delle biocenosi che vivono nei fiumi: in primis per gli altri organismi vegetali poiché lo strato compatto che si forma e che ricopre il letto del corpo idrico fin dove arriva la luce ne impedisce la fotosintesi; poi crea disagio agli organismi animali, macroinvertebrati e pesci in quanto altera il substrato su cui questi vivono e del quale si nutrono, inoltre provoca irritazioni e danni alle branchie dei pesci. Le matasse poi impediscono il movimento e l’ossigenazione dell’acqua e lo sviluppo delle uova e degli avannotti. Qualche problema può essere creato anche rispetto all’utilizzo dell’acqua a scopo potabile: infatti lo strato del fondo intasa i filtri degli impianti di potabilizzazione e la rete di distribuzione. I peduncoli della Didymosphenia geminata con l’andare del tempo possono dare un sapore sgradevole all’acqua compromettendone le proprietà organolettiche.

«In letteratura non sono riportati dati che facciano presupporre una tossicità algale - aggiungono da Arpat - I casi di irritazione oculare riscontrata in soggetti che si sono bagnati in acque contenenti alte concentrazioni di Didymo sono imputabili alla natura silicea dei frustoli, che a contatto con gli occhi possono causare irritazioni simili a quelle provocate dai pollini; sono pure segnalate irritazioni cutanee e talvolta dermatiti».

Ma il vero problema rimane la proliferazione dell’alga che riproducendosi per via vegetativa da una solo cellula può formare una colonia infestante che crea alterazioni almeno a livello di microhabitat acquatico. L’uomo può contribuire alla diffusione e al trasporto dell’alga attraverso alcuni strumenti sportivi come canoe, barche, stivali da pesca come del resto è successo per la cozza zebrata.

«Altri possibili vettori – informano dall’Agenzia - sono considerati gli animali acquatici che potrebbero concorrere alla diffusione dell’alga sia direttamente (trasporto diretto) che indirettamente (escrementi) tramite l’ingestione di pesce o altri organismi contaminati ma siamo ancora in fase di studio». E’ importante conoscere e non sottovalutare il problema, per agire in via preventiva, dato che in alcuni paesi dove il fenomeno è ormai consolidato (Canada, Stati Uniti, Nuova Zelanda) è stato impedito l’accesso al pubblico ai corsi d’acqua per evitare il diffondersi di questa alga.

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