[10/06/2008] Rifiuti

Controllori e controllati

ROMA. A leggere i qutidiani italiani, la notizia del giorno è – giustamente – l’arresto per omicidio e truffa di 13 medici e del proprietario della casa di cura Santa Rita di Milano. A leggere The New York Times, la notizia (italiana) del giorno continua a essere l’emergenza rifiuti in Campania, un cui refolo maleodorante – sostiene il quotidiano americano in un’intera pagina dedicata all’argomento – è giunto fino ad Amburgo, per via di quel carico di materiali radioattivi partiti dall’Italia e inopinatamente scoperti in Germania prima di essere inceneriti.

Le due notizie sembrano del tutto scollegate tra loro, riunite solo dalla pessima immagine internazionale che ne deriva all’Italia. E, in realtà, sono incommensurabili. La prima – quella milanese – è tragica, la seconda – quella napoletana – è drammatica e insieme grottesca.

Tuttavia tra le due un nesso esiste. In entrambi i casi sono (sembrano essere) falliti i sistemi di controllo e trasparenza. Nessuno ha controllato che nella disinvolta clinica lombarda le decisioni mediche fossero a vantaggio dei pazienti. Nessuno ha controllato, nel caso napoletano, che nei grotteschi treni dei rifiuti che da una regione povera dell’Europa partono, a pagamento, verso una regione ricca non ci fossero materiali tossici e nocivi.

Tocca alla magistratura stabilire le precise responsabilità in questi due casi specifici, così diversi negli effetti eppure così uguali nelle procedure. Tocca alla politica, invece, porsi il problema della massima trasparenza in ambiti, come la sanità e l’ambiente, in cui i rischi sono alti, gli interessi legittimi diffusi e i soldi pubblici cospicui.

Perché in questi due casi sono falliti i sistemi di controlli e trasparenza? Non perché, in teoria, i controlli non fossero previsti. Anzi, nell’uno e nell’altro caso sistemi di controllo erano non solo previsti, ma anche attivi. Solo che non hanno funzionato. Perché, al di là di colpe individuali specifiche, nell’uno e nell’altro caso c’era confusione tra controllori e controllati. Nell’uno e nell’altro caso i controlli erano (e sono tuttora) affidati ad autorità regionali: l’Asl a Milano, l’Arpac a Napoli. Ovvero a strutture tecniche che dipendono da chi eroga, direttamente o indirettamente, il servizio: la Regione. Nessuno mette in dubbio – non fino a prova contraria, almeno – che i tecnici che lavorano in queste strutture siano competenti e abbiano lavorato al meglio delle loro possibilità. Ma in entrambi i casi si trovano, loro malgrado, in una condizione oggettiva di conflitto di interesse, in una zona dove controllore e controllato si confondono.

Occorrerebbe invece che i controlli – soprattutto i controlli in cui la posta in gioco è altissima, come la salute e l’ambiente – fossero effettuati al più alto livello possibile da istituzioni terze e indipendenti. Da strutture che non abbiano interessi di alcun tipo in comune con coloro che – siano committenti, gestori o utilizzatori di un bene o di un servizio – hanno una qualche posta in gioco.

La terzietà del sistema di controllo non riduce a zero i rischi di errore e persino di truffa. Ma certo, sbarazzando il tavolo da interessi immediati, li rende meno probabili e, nel contempo, aumenta la credibilità delle istituzioni. Magari sarà poco appariscente. Ma forse è questa una delle strade maestre da imboccare per aumentare l’efficienza del sistema Italia, senza farsi tentare da altre più facili e più fallaci scorciatoie.

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