[19/06/2008] Urbanistica

Costruire nelle aree a standard? Sargolini: «Scelta miope»

LIVORNO. Una proposta di Assoimmobiliare, lanciata ieri a Roma, prevede di utilizzare le cosiddette “aree a standard”, ovvero quelle che i piani regolatori riservano alle quote minime di verde per abitante, parcheggi e altri servizi di ordine pubblico, per realizzare nuovi alloggi da destinare ad affitto. Magari in parte anche a canone contenuto, grazie al fatto che il costo delle aree, essendo pubbliche e “inutilizzate” sarebbe basso.

Secondo i calcoli dell’Associazione, che ha chiesto al Censis di studiare l’applicabilità di questa proposta, sarebbero circa 6-700milioni di metri quadri le aree che potrebbero servire allo scopo e solo a Roma, utilizzando il 5% delle aree a standard si potrebbero realizzare alloggi per 1,22 milioni di metri quadri per soddisfare l’esigenza abitativa di oltre 33.500 persone.

Un’idea che potrebbe interessare al governo che prevede nella prossima finanziaria alloggi per giovani coppie e soprattutto a molti costruttori che lamentano il calo del settore. C’è da chiedersi cosa diventerebbero le grandi città se private anche del poco verde che hanno per dare spazio ad ulteriore cemento. Un polmone quello delle aree verdi urbane importante da tutti i punti di vista. Abbiamo chiesto cosa ne pensa di questa proposta a Massimo Sargolini, docente di urbanistica all’Università di Camerino.

«Mi sembra un’idea veramente miope. Gli spazi residui, ovvero quelle aree che rimangono fuori dall’espansione urbanistica, i ritagli di tessuto urbano, vanno visti in una dimensione che non sia quella di “spazi in attesa di”, ma veri polmoni verdi, spazi aperti per la città. Il terzo paesaggio come lo ha definito Gilles Clément. E questo è importante soprattutto in una città sempre più diffusa, caratteristica della aree urbane della nostra penisola».

Assoimmobiliare dice che dato che sono aree inutilizzate possono servire per alloggi a canone contenuto
«Io credo che invece debbano essere considerati nodi territoriali non chiusi e valorizzare il ruolo che hanno come rete ecologica e come iato nel continuum del tessuto urbanizzato. La soluzione di continuità è essenziale per gli equilibri ecologici e per la qualità della vita. Persino alla scorsa biennale di architettura di Venezia, che è la passerella delle opere architettoniche, e di progettisti che mirano a costruire, è emersa ed è stata riconosciuta l’importanza degli spazi aperti all’interno delle città per migliorarne non solo la qualità ambientale e la salubrità ma soprattutto la qualità del vivere. Non si dovrebbe essere così miopi e continuare a riempire questi spazi».

Quindi le politiche lungimiranti sono quelle che mirano a mantenere spazi aperti?
«Anche il progettista di Manhattan fu tacciato per folle quando volle inserire il Central park a New York anziché sfruttare quelle aree da un punto di vista immobiliare. E a queste critiche lui rispose : “Tra cinquant’anni capirete quanto sarà fondamentale per questa città l’area che ho tolto agli edifici per realizzare un parco”. Aveva perfettamente ragione e sfido chiunque a dargli torto».

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