[23/06/2008] Energia

Della speculazione e del petrolio. Se il vero Robin Hood fosse Obama?

LIVORNO. La lobby petrolifera che ha spinto George W.Bush per due volte verso la presidenza Usa e verso la guerra in Iraq (e Afghanistan) non è mai piaciuta molto al candidato democratico Barak Obama, forse è anche per questo che ha detto che se diventerà presidente degli Usa metterà una nuova tassa sulle compagnie petrolifere per rafforzare il controllo de governo sulle transazioni energetiche.

Anche Obama Robin Hood come Giulio Tremonti? Non proprio, visto che la “Robin Hood tax” l’ha inventata prima il candidato democratico alle presidenziali e che la cosa sembra molto più seria e nasce per rispondere alle storture del sistema superliberista che stanno mostrando in America crepe sempre più evidenti: «Il mio piano – ha spiegato il candidato democratico – mette totalmente fine alla “eccezione Enron” e restaura le regole comuni nel quadro del mio piano più vasto per alleggerire il fardello delle famiglie che lottano oggi per investire in un avvenire migliore».

Il caso del fallimento della Enron è una ferita aperta dell’economia americana, che ha dimostrato la voracità e l’immoralità di un sistema economico fortemente legato agli ambienti neoconservatori ed eco-scettici e sostenuto dall’amministrazione Bush. Quella che negli Usa viene chiamata “eccezione Enron" è un progetto di legge del 2000 che autorizza la libera transazione del petrolio sui mercati via internet, favorendo così la speculazione sul petrolio ed è stato considerato (anche da Tremonti con molto ritardo e senza nessuna autocritica per i precedenti gridolini di ammirazione) come uno dei fattori del rialzo speculativo dei prezzi del greggio.

In un Paese abituato a sprecare benzina a buon mercato, la fiammata dei prezzi petroliferi è individuata come la causa maggiore della crisi economica, insieme alla guerra in Iraq ed alla crisi dei "subprimes", e l’energia, quasi scomparsa nelle primarie democratiche e repubblicane, è diventato una delle principali preoccupazioni degli elettori americani e quindi uno dei principali temi del confronto tra Obama e McCain.

E Obama ora ha buon gioco ad accusare il candidate repubblicano John McCain di aver introdotto un articolo in quella legge del 2000 che rispondeva alle richieste dei gruppi di pressione dell´Enron (ben annidiati fin dentro la Casa Bianca) perché i mediatori internazionali di mercato dell’energia potessero svincolarsi dalla sorveglianza del governo.

La tassa di Obama non sarà la confusa “Robin Hood tax” italica, le entrate verranno infatti utilizzate per finanziare misure di risparmio energetico nelle abitazioni (quindi viene orientata l´economia verso la sostenibilità) e per fornire servizi pubblici alle famiglie più bisognose, sia per ridurre il peso dell’aumento dei prezzi.

E i toni non sono certamente quelli di Tremonti e Berlusconi: «In un momento in cui stiamo combattendo due guerre, e mentre milioni di americani non possono permettersi cure mediche o l’istruzione – ha detto Obama in un recente comizio in Arizona – l’uomo che denuncia il costo del governo (McCain n.d.r) vuole spendere 1,2 miliardi di dollari per una riduzione fiscale a favore della ExxonMobill. Questo non è soltanto responsabile, è scandaloso!».

Il candidato afroamericano fa riferimento alla proposta del suo antagonista repubblicano di estendere gli sgravi fiscali alle grandi compagnie petrolifere fino a raggiungere i 2 miliardi di dollari, Obama invece non si oppone alle detrazioni fiscali già previste da Bush fino al 2010, ma vuole anche aumentare le imposte sui redditi elevati e i dividendi.

Da parte sua, McCain ha respinto la proposta di Obama per una nuova tassa petrolifera, aveva proposto insieme ad Hillary Clinton di togliere le accise sulla benzina durante il periodo estivo e ora si è dichiarato aperto a prendere in considerazione tasse sui benefici eccedentari delle compagnie petrolifere.

Obama rompe così uno dei tabù americani, quello delle tasse sui carburanti (e quindi del loro costo), un “azzardo da sinistra” possibile solo grazie alla crisi economica che ha portato la benzina già ad oltre 4 dollari al gallone (nel febbraio del 2007 era a 2,20), un po’ più di 0,70 euro, più o meno la metà di quanto si paga in Italia, ma una cifra record per i consumatori Usa, una specie di barriera psicologica. Un’arma in più per Obama insieme ad un’opinione pubblica sempre più sensibile ai pericoli dei cambiamenti climatici, tutte materie che lui ed i democratici masticano meglio dei repubblicani.

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