[26/06/2008] Comunicati

La vergogna della Exxon Valdez: chi inquina paga...forse e poco

LIVORNO. Non è bastato alla Exxon Mobil, proprietaria della Exxon Valdez, la petroliera che nel 1989 riversò nel mare dell’Alaska 42.000 m³ di greggio causando una delle peggiori catastrofi ambientali dei nostri tempi, l’aver ottenuto nel 2006 il dimezzamento della multa di 5 miliardi, per i danni provocati alle famiglie colpite dalla marea nera. Dopo aver presentato un ricorso alla Corte Suprema degli stati Uniti, l’ultimo grado di giudizio del sistema americano, ha ottenuto adesso una ulteriore vergognosa riduzione della multa da 2,5 miliardi a 500 milioni di dollari.

Un amaro epilogo dopo vent’anni di processi, sentenze e appelli che hanno visto confrontarsi le popolazioni locali contro il gigante petrolifero della Exxon, che aveva chiesto alla Corte Suprema degli Stati Uniti di cancellare totalmente la sentenza che la condannava a pagare 2,5 miliardi di dollari, trattandosi dei cosiddetti danni punitivi, che andavano ad aggiungersi ai danni economici già sborsati per risanare i 1.900 chilometri di costa inquinati in Alaska. Nel 1991 la Exxon Mobil fu condannata in sede civile e penale per oltre un miliardo di dollari, il maggior risarcimento mai registrato per un disastro industriale e le operazioni di ripulitura delle coste costarono alla Exxon circa 2 miliardi di dollari, coperti in gran parte delle assicurazioni.

I 500 milioni di multa che gli rimangono da sborsare saranno ripartiti tra i 33 mila pescatori che nel 1989 fecero causa alla multinazionale, di cui circa 6000 sono già morti, senza vedere neanche un dollaro di risarcimento. Una vittoria clamorosa per la Exxon, che con un utile netto di 40 miliardi di dollari è la più grande società petrolifera al mondo. Una sentenza cruciale anche per le innumerevoli cause che in futuro potrebbero coinvolgere le companies americane e che potrebbe incrinare il diritto delle popolazioni ad essere risarcite direttamente dalle imprese colpevoli di danni.

Era il 24 marzo 1989 quando la Exxon Valdez, dopo un errore di rotta dovuto alla necessità di evitare alcuni icebergs si incagliò di fronte alla baia Principe William e rovesciò in mare 35 mila tonnellate di petrolio. I danni ambientali che ne conseguirono costrinsero il governo degli Stati Uniti a rivedere i requisiti di sicurezza delle petroliere e ad assegnare i costi delle operazioni di pulizia della costa alle compagnie petrolifere. La macchia di greggio fuoriuscita allora dalla petroliera continua a rappresentare una minaccia per l´ambiente, secondo quanto affermano scienziati americani in uno studio pubblicato sulla rivista Environmental Science and Technology della American Chemical Society. La ricerca, diretta da Jeffrey Short, ha infatti appurato che nonostante gli sforzi fatti per tentare di bonificare i la costa, almeno 100 tonnellate di petrolio rimangono nella baia e avrebbero contaminato irreparabilmente il fondo sabbioso. Una scoperta che rende ancora più alti i costi di disinquinamento della regione possano ulteriormente lievitare. Ma che la Exxon, che ha dichiarato di non essere d’accordo con le conclusioni dello studio, non pagherà più.

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