[30/06/2008] Monitor di Enrico Falqui

Fiorenza, città metropolitana

Nelle ultime due settimane, a Firenze, infuria su tutti i giornali locali un dibattito acceso sulla consistente quantità di progetti di sviluppo per la città, “lanciati” dai vari leader politici e da alcuni esponenti di peso delle categorie economiche fiorentine per contendersi la migliore posizione alla candidatura di nuovo Sindaco di Firenze nel 2009.

Così, in un sol colpo, abbiamo visto ”volare”sulla Piana fiorentina, la proposta di pista parallela all’autostrada per il potenziamento dello scalo aeroportuale di Peretola, cui si è contrapposto un progetto di “riorientamento” dell’esistente pista del Vespucci verso il Nord-Ovest della Piana; una delocalizzazione della prevista sede della Provincia, un nuovo Stadio per la città (con progetto di Fuksas e di un paesaggista francese) localizzato a Castello, cui si contrappone una localizzazione diversa dello stadio di Firenze all’Osmannoro.

Infine, “last but not least”, l’originario progetto di insediamenti residenziali di Ligresti, dopo il ridimensionamento del progetto FIAT-Fondiaria, che ne risulta valorizzato nel caso che lo stadio sorga a Castello, ed inevitabilmente danneggiato ( per perdita di superfici e volumetrie),invece, nel caso che vengano mantenuti gli 80 ha di parco della Piana attualmente concordati da Firenze e Comuni dell’area fiorentina. Pochi tuttavia ricordano che lo schema strutturale dell’area metropolitana Firenze-Prato-Pistoia, approvato nel Piano di indirizzo territoriale della regione Toscana(1990), prevedeva un Parco centrale metropolitano dell’estensione di 900 ha.

Già, perché all’epoca si parlava di “area metropolitana”, includendo in questo perimetro il territorio dei Comuni di Firenze, Prato e Pistoia.
In questo complicato guazzabuglio, si inserisce anche chi se la prende senza motivate ragioni (che non siano quelle della conservazione della città storica, dei suoi confini amministrativi e della sua entità demografica in costante declino) col Piano Strutturale della città, il cui vero fine è quello di fungere da “ precursore” della nuova città metropolitana, così come prevede la nuova formulazione dell’art.114 della Costituzione, secondo il quale “la repubblica è costituita da Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni dello Stato.

Il Piano strutturale di Firenze non è affatto “espansivo”, è la dimensione territoriale della nuova città che “cresce”, variando confini, limiti e pesi urbanistici. La città metropolitana può essere un esempio di sviluppo sostenibile, non di crescita espansiva e di squilibrio ambientale.

Tuttavia, diciamolo con chiarezza, la sfida vera non è tra città storica e città metropolitana bensì tra quest’ultima e la “città infinita” : ancora nessuno ha preso una decisione chiara su quale sarà il territorio ed i confini della nuova città. L’antica Fiorenza non sa ancora quale sarà il suo destino finale, una “ metropoli vera “, oltre Pistoia fino ad includere Montecatini oppure una “ città metropolitana”formata dai comuni del suo hinterland, di dimensioni più limitate ma più coesa ed omogenea.

Dopo quasi vent’anni di dibattito, vacuo ed effimero, su questa questione decisiva per il futuro del capoluogo toscano e dell’intera Regione, vi è ancora incertezza sulla dimensione geografica della nuova città e, soprattutto, sui criteri con i quali essa dovrà essere pianificata e progettata, evitando di cadere nella trappola dei “progetti affascinanti” come vetrini colorati, ma che vengono lanciati su un’area estremamente complessa, dove criticità ecologiche e conflitti sociali sono caratteristiche emergenti di cui si deve tenere conto.

Nella Carta dei principi del New Urbanism ( un movimento di riforma urbana, fondato negli anni 80 negli Stati Uniti per opera di Andrès Duany, Daniel Solomon e Peter Calthorpe) la città metropolitana viene definita come “ la comunità urbana che ha una relazione necessaria ma delicata con il suo entroterra agrario e con i suoi paesaggi naturali. La relazione è ambientale, economica e culturale. I terreni coltivati e la natura sono così importanti per la città metropolitana come il giardino lo è per la casa privata.”
Questa definizione ci aiuta a definire anche i confini della nuova città metropolitana, nella quale lo sviluppo di aree urbane esistenti deve preservare le risorse ambientali, l’investimento economico e il tessuto sociale e , al tempo stesso, recuperare le aree marginali e abbandonate.

Leon Krier, uno degli esponenti europei più significativi del movimento New Urbanism, ha più volte sottolineato come “..l’obiettivo principale dell’architettura urbana e della progettazione del paesaggio è la definizione fisica di strade e spazi pubblici come luoghi e spazi pubblici come luoghi di uso condiviso”.
In altre parole i singoli progetti dovrebbero fortemente dialogare con il contesto ambientale in modo che tutti gli edifici forniscano ai loro abitanti una chiara percezione dello spazio, del clima e del Tempo.

Se applichiamo questi principi “riformisti”( propri della Carta del New urbanism) alla definizione della nuova Città metropolitana fiorentina, ci accorgiamo che il nuovo patto di cittadinanza da costruire anche attraverso un referendum, riguarda un territorio omogeneo per composizione paesaggistico-ambientale e per caratteri geografici comuni. Esso è costituito da Firenze e dai 18 Comuni che, insieme al territorio pratese circondano il capoluogo.
Se adottiamo questi criteri , apparirà chiaro ai suoi nuovi abitanti che l’attuale confusione di progetti ( di dimensione e significato diversi) “lanciati nella mischia” del dibattito politico e mediatico cittadino non solo “ non dialoga con il contesto” ma rischia di compromettere l’equilibrio della futura nuova città metropolitana.
La Regione Toscana, che si appresta a legiferare in materia di città metropolitane, sembra preferire un modello di area più vasta rispetto a una dimensione di città metropolitana limitata al capoluogo e ai 18 Comuni del suo hinterland. Tale modello è simile a quello adottato in Francia per città come Lione e Marsiglia, mentre differisce alquanto dal modello di città metropolitana adottato in Portogallo e Polonia, dove i criteri della Carta del New urbanism hanno trovato maggiore ascolto.

Il Sindaco di Firenze e Presidente dell’ANCI, Leonardo Domenici, ha affermato di volere l‘istituzione della città metropolitana in tempi rapidissimi (forse già nelle prossime elezioni amministrative), spiazzando tutti coloro che si preparavano all’ennesima campagna elettorale, densa di promesse impossibili da mantenere non solo per l’ormai nota riduzione della spesa pubblica, quanto perché la “Firenzina da 350.000 abitanti è una città avviata all’inevitabile declino e paralisi “, come spesso ripeteva l’inascoltato Tullio Zevi.

E’ dunque profondamente sbagliato oltre che ingenuo,da parte degli attuali concorrenti leaders politici alla carica di Sindaco di Firenze, discutere o enfatizzare la necessità di “grandeur”del capoluogo regionale, scegliendo i progetti più accattivanti per riscuotere un consenso da parte delle lobbies economiche e anche di quella cospicua parte degli abitanti di Firenze che vive di una rendita di posizione.
E’ stato assai più saggio il Sindaco di uno dei “boroughs” della città metropolitana, Sesto Fiorentino, il quale ha richiamato la complessità delle scelte necessarie per pianificare in modo sostenibile lo sviluppo di questa nuova comunità urbana, nella quale non esisterà più un “ monopolio” bensì una multipolarità urbana, che richiede uno spostamento equilibrato e scientifico dei pesi urbanistici nell’intera area fiorentina ,e, soprattutto, l’idea che la natura, il paesaggio, le risorse locali rappresentano un patrimonio identitario dello statuto dei luoghi della nuova città nascente. Una nuova città di circa 900.000 abitanti, il cui giglio come stemma del futuro ripropone, nell’epoca contemporanea, la ragione per cui fu scelto in passato e per cui vale la pena continuare a chiamarla “Fiorenza”.

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