[01/07/2008] Acqua

Il 47% dell´acqua italiana va ad irrigare (a pioggia) i campi

FIRENZE. Si è svolto oggi a Roma presso la Camera dei deputati il convegno organizzato da Legambiente “La gestione sostenibile dell’acqua in agricoltura”. Nell’occasione l’associazione ambientalista ha distribuito il dossier (che dà il titolo al convegno) contenente una ricca elaborazione di dati prodotti da vari enti. Inoltre Legambiente mette in evidenza situazioni di criticità ed esempi virtuosi a sostegno delle sue proposte.

Partiamo da due dati per iniziare a fotografare la realtà. Il 60% dell’acqua prelevata in Italia è destinata all’agricoltura. Nel bacino idrografico del Po il 95% dei prelievi superficiali e il 47% dei prelievi sotterranei viene finalizzato all’irrigazione. Ma in Italia la situazione dei prelievi di acqua per l’agricoltura è simile a quella di altri paesi euro-mediterranei. Stando ai dati della Dg Ambiente della Commissione europea, riportati nel rapporto dell’Inea su “Agricoltura irrigua e scenari di cambiamento climatico” pubblicato nel 2007, il nostro è il terzo Paese europeo per percentuale di uso dell’acqua in agricoltura, preceduto da Grecia (80%) e Spagna (72%), e seguito dal Portogallo (59%).

Secondo i dati dell’Istat pubblicati nel 2005, la superficie realmente irrigata (oltre 2,6 milioni di ettari) su quella irrigabile (poco meno di 4 milioni di ettari) era pari al 65,8%, con un incremento di poco più di 2 punti percentuali rispetto alla precedente rilevazione del 2000. Il metodo irriguo maggiormente impiegato è quello per aspersione o “a pioggia” (oltre 1 milione di ettari, pari al 42% del totale irrigato), seguito dallo scorrimento e dall’infiltrazione laterale (oltre 850mila ettari, 34%), dai sistemi a goccia e microirrigazione (circa 366mila ettari, 15%) e dalla sommersione (220mila ettari, 9%).

Tra queste modalità quelle più efficienti sono sicuramente quelle della microirrigazione e a goccia, che raggiungono livelli di efficienza fino al 90%, mentre quelli ad aspersione sono caratterizzati da valori più bassi, che solo nei casi più efficienti, raggiungono il 70-80%. Le efficienze più basse sono ottenute con il sistema a scorrimento e infiltrazione laterale (fino al 60%) e a sommersione (fino al 25%).

Molti dati di dettaglio citati nel rapporto di Legambiente provengono dall’indagine sull’irrigazione che l’Anbi (Associazione nazionale bonifiche irrigazione e miglioramento fondiario) ha eseguito sui 118 Consorzi (per un totale di oltre 3,1 milioni di ettari di superficie irrigabile) che hanno aderito a questa iniziativa: la quasi totalità dell’acqua impiegata per le esigenze irrigue delle aziende, viene deviata dai corsi di acqua (54% circa) o accumulata all’interno di serbatoi artificiali (38%), dai quali viene successivamente prelevata e distribuita.

Dall’analisi dell’Anbi emerge anche il dato sulla bassissima quantità di acqua che deriva dalla depurazione delle acque reflue civili (0,3%), pratica ostacolata dalle disposizioni di legge (Dm 185/03) che fissano dei limiti troppo restrittivi per i parametri microbiologici per l’uso irriguo di tali acque. La regione dove si utilizzano maggiormente le acque reflue depurate è l’Emilia Romagna (5% circa). Per quanto riguarda il sistema di distribuzione, il 72% della superficie servita riceve l’acqua “a cielo aperto” mentre solo al restante 28% viene consegnata a pressione.

Il sistema di distribuzione all’aperto si caratterizza negativamente per la quantità di acqua che dai canali può evaporare soprattutto nei mesi più caldi. I Consorzi di bonifica organizzano direttamente la gestione irrigua su oltre 1,5 milioni di ettari, mentre su altri 666mila circa si ha l’attingimento diretto da parte degli agricoltori (si ricorda che in Toscana il prelievo è prevalentemente autonomo). Il dossier di Legambiente si chiude con 4 buone pratiche di gestione sostenibile della risorsa idrica nel settore agricolo, proprio per rilanciare e ribadire questi importanti segnali di cambiamento che arrivano dal territorio. Nella provincia di Catania, a San Michele di Ganzaria, è attivo ad esempio un sistema di fitodepurazione e accumulo dei reflui per consentire il loro riutilizzo nei campi circostanti il centro abitato che dimostra come i reflui civili se opportunamente depurati possono costituire un’importante risorsa, specie in quelle aree in cui l’acqua non è così abbondante.

In Svezia i reflui civili depurati vengono finalizzati alla produzione di biomasse vegetali per scopi energetici. Gli altri due casi invece interessano problemi gestionali della risorsa idrica. Il sistema Irrinet applicato dal Consorzio Emiliano-Romagnolo è un servizio finalizzato ad ottimizzare i tempi e la quantità di acqua destinata all’irrigazione dei campi. Si tratta di un articolato sistema in grado di informare direttamente gli agricoltori abbonati, anche attraverso semplici sms sul cellulare, su quando e quanto devono irrigare il proprio terreno.

Vale la pena ricordare che in un anno l’applicazione di questo sistema ha permesso il risparmio di 35-45 milioni di metri cubi di acqua, pari ai consumi annuali dell’intera provincia di Forlì-Cesena. Infine per ribadire l’esigenza di un sistema di tariffazione che tenga conto del reale consumo di acqua viene riportato l’esempio del sistema Acquacard, applicato da diversi Consorzi di bonifica. Questo sistema permette, attraverso delle centraline di distribuzione che si attivano mediante apposite carte magnetiche, di conteggiare le quantità di acqua utilizzate dai singoli utenti.

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