[08/07/2008] Urbanistica

Carciofi sfogliati e piani strutturali fiorentini

FIRENZE. Ha ragione Riccardo Mostardini (greenreport 4/07/2008), relativamente all’area di Castello a Firenze, a porre polemicamente la domanda se si sta parlando di uno stadio o di un parco inutile. Gli interessi in questione sono enormi e riguardano non solo il destino delle residue aree disponibili a nord-ovest di Firenze, ma la concezione stessa dello sviluppo dell’intera area metropolitana.

L’idea di collocare uno stadio in quell’area, se dovesse essere adottata dalle amministrazioni coinvolte, prosegue un metodo infausto di scrivere certe cose nei piani strutturali e pezzo per pezzo, come per le foglie di un carciofo, farne altre. Soprattutto la dice lunga sulla reale convinzione (centrale nel piano strutturale di Firenze) che la cultura e l’ambiente rappresentano la chiave dello sviluppo futuro.

In realtà in questo modo, che può riguardare volta per volta il Parco della Piana o il Parco fluviale dell’Arno, le aree ex manifattura Tabacchi, l’area centrale di S.Orsola, ecc., si lavora non per lo sviluppo ma per la crescita del cemento. Si continua a sostenere la rendita e lo sfruttamento consumistico di Firenze e non si mettono in discussione piccoli e grandi interessi collettivi ed individuali, gli stili di vita come esige uno sviluppo all’altezza delle sfide di modernizzazione.

Un cambiamento di tale portata richiede, non di favorire interventi di carattere immobiliare e cementificatori, ma l’avvio di efficaci programmi di innovazione in tutti i campi e in particolare della conoscenza e della cultura. Significa affrontare nei fatti “il grande tema cultura/sviluppo” e il rapporto tra crescita e sviluppo. E’ necessaria nuova ricchezza da redistribuire, ma la crescita economica non assicura una equa distribuzione delle risorse e del reddito (come ha dimostrato l’ultimo decennio). Nell’area fiorentina, come è avvenuto in altre importanti aree urbane dell’Europa, occorre imboccare con decisione la strada dello sviluppo sostenibile cioè di una società locale che non cresce sul consumo di beni materiali (o non prevalentemente) o sul consumo quantitativo, ma su modelli di vita e di consumo più sobri, responabili e di qualità; bene-essere e non bene-avere.

Questo chiarisce il senso dello sviluppo declinandolo in termini qualitativi e non di crescita del Pil. Conoscenza e cultura possono diventare il motore della modernizzazione ecologica dell’area metropolitana, insieme alla ricerca scientifica e all´innovazione tecnologica, mettendo al centro della strategia economico/sociale, le politiche dell’istruzione, di life long learning e del lavoro istruito a conoscenza crescente, la tutela sociale (bambini, giovani e anziani), stili di vita e accoglienza. Non è soltanto un problema di “welfare locale”, ma di qualità sociale e della vita, perciò dello stesso sviluppo economico inteso come conseguenza delle scelte sociali e civili, oltreché ambientali. Cambiano le priorità: l’economia dell’area diventa uno dei supporti dello sviluppo sociale e della qualità ambientale, non viceversa.
Tutto ciò comporta cambiamenti rilevanti raggiungibili solo attraverso un processo di transizione che richiede tempo, partecipazione, convincimento, mediazione perché porta con sé profondi processi di trasformazione nella vita e nella cultura, accompagnati ineludibilmente da un forte ruolo di controllo pubblico dei cittadini.

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