[14/07/2008] Comunicati

L´economia ecologica tra scenari (Unesco) e azioni (finanza)

LIVORNO. Il futuro potrebbe non essere troppo nero da quanto emerge dal rapporto elaborato dal Millennium Project delle Nazioni Unite. Secondo la relazione, infatti, il mondo grazie ai cambiamenti portati dalla scienza, dalla medicina e dall’avvento di internet sarebbe sulla soglia di un avvenire prospero, pacifico e con una qualità della vita per i suoi abitanti assai preferibile rispetto al passato. In vent’anni sono diminuiti i conflitti e le guerre, è aumentato il reddito medio procapite, è diminuita la mortalità infantile e aumentata l’aspettativa di vita e l’alfabetizzazione.

Dati che sembrerebbero riguardare più l’occidente e le aree limitrofe che non l’intero pianeta, ma che invece secondo i 2500 esperti di tutto il globo e di diverse organizzazioni pubbliche e private (tra cui la stessa Uesco, la banca mondiale e tra le altre anche la fondazione Rockfeller) sembrano considerare e inglobare nel conto anche quel mezzo milione in più di poveri e affamati denunciati dalla Fao, quelle innumerevoli guerre tra clan che imperversano molti paesi africani e anche le centinaia di migliaia di profughi ambientali destinati ad aumentare a causa degli effetti dei cambiamenti climatici.

E quello del clima è uno dei punti dolens su cui si affievoliscono le note ottimistiche del rapporto e i settori in cui l’umanità ha perso invece terreno. L’aumento delle emissioni di carbonio e il surriscaldamento globale, sono infatti indicati, assieme all’aumento del terrorismo e della corruzione, così come il crescere del numero dei disoccupati e il decrescere della partecipazione al voto, come i nodi cruciali che potrebbero mettere a rischio le conquiste e il benessere futuro del pianeta e della sua popolazione.

Il rischio è quindi che continuare sulla strada percorsa sino ad ora potrebbe mettere a repentaglio non solo i miglioramenti ottenuti (anche se riguardano ancora una parte della popolazione) ma soprattutto il fatto che non si possano più registrare né miglioramenti né peggioramenti, perché non si potrà più parlare di un futuro possibile.

Il nodo da sciogliere è allora se da domani (meglio ancora se da oggi) si orienterà l’economia – sul come l’Unesco peraltro tace - verso un ripensamento dell’attuale sistema che ha portato alla debacle finanziaria gli Usa – come noto è fallita un’altra grande banca - ripercuotendosi su tutto il sistema economico-finanziario mondiale, o se si continuerà a cercare di mettere toppe ad un sistema che sta facendo falle a ritmo incalzante.

«I rischi più significativi che corriamo sono legati al fatto che il cammino dello sviluppo sostenibile sia interrotto» spiega in una intervista sull’inserto Plus del sole 24 ore Jason Josefs, Capo del tim per Sustainable & Responsible Investments (SRI) di Morley.

«La nostra filosofia di investimento- spiega Josefs- ha come base quella secondo la quale c´è un bisogno urgente di operare in una maniera sostenibile e che mitighi le esternalità negative per la società civile e l´ambiente ma che nel contempo colga le opportunità di affari legate alla soluzione di problemi associati allo sviluppo non sostenibile».

Una impostazione che sembrerebbe l’uovo di Colombo, ma che in realtà riguarda ancora un settore marginale dell’economia e delle società. Lo dimostra l’ancora esiguo (per quanto interessante) portafoglio di aziende che sono riusciti a selezionare, come Tim di Morley, e che hanno scelto di operare e di investire nel settore dello sviluppo sostenibile.

«Cerchiamo società interessanti nei temi sociali, ambientali e della governance» risponde Josefs alla domanda della giornalista sul tipo di temi che stanno seguendo come Tim. Sottolineando che il primo tema è proprio quello relativo ai cambiamenti climatici ed efficienza nell´utilizzo di energia e che dato che l´aumento dei prezzi del petrolio stanno rendendo questo settore sempre più attraente, le società ricercate sono quelle attive nella produzione di energia solare, eolica, di gas naturale e nell´isolamento. Il secondo quello della qualità della vita e il terzo quello del consumo sostenibile. Infine la buona governance e la gestione del rischio.

Temi fondamentali che avrebbero il vantaggio - se perseguiti - di far trarre alle aziende un proprio
beneficio sia fornendo capitali alle aziende che a loro volta sviluppano prodotti e pratiche per lo sviluppo sostenibile, che impegnandosi direttamente nelle iniziative di aziende e dirigenti volte allo stesso scopo. Viene da chiedersi: ma esiste un momento in cui questi rapporti e queste ricerche s’incrociano?

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