[15/07/2008] Comunicati

Libere armi in libero mercato

LIVORNO. Oltre a quella petrolifera c’è un’altra industria che tira in Russia: quella delle armi che nel 2008 aumenterà le sue esportazioni di armamenti e materiali militari, superando il record di 6,1 miliardi di dollari del 2007. Nonostante la crisi economica mondiale le esportazioni di armi sono sulla cresta dell’onda e il surfista che la cavalca meglio è quello moscovita, libero ormai di fornire tutti, dopo la caduta dell’Urss.

Resta solo un dubbio, la Russia è già il maggiore esportatore del mondo o gli Stati Uniti la precedono ancora di poco? Certo fa impressione sentire oggi il principe Bandar bin Sultan, presidente del Consiglio di sicurezza nazionale dell’Arabia Saudita, uno Stato che ha foraggiato la guerriglia afghana e talebana contro i sovietici e la rivolta indipendentista cecena, dire che «La cooperazione militare tra Riad e Mosca mira a garantire la pace e la sicurezza in Medio Oriente e nel mondo. La cooperazione russo-saudita non è diretta contro Paesi terzi». Che l’Iran sia dall’altra parte del Golfo è solo un caso…

La Russia ed il regno saudita hanno firmato un accordo bilaterale militare e tecnico che prevede diverse forniture di armi: «La Russia è un partner importante in campo militare. E’ un grosso fabbricante di armi, mentre il Regno d’Arabia Saudita vuole diversificare le sue importazioni di armi – ha detto Sultan - E’ ancora prematuro parlare di contratti concreti. Il documento che abbiamo firmato permetterà alle imprese russe e saudite di operare con efficacia per il bene delle relazioni bilaterali».

Lo shopping saudita è probabilmente il risultato del sesto salone degli armamenti che si è tenuto qualche giorno fa a Nijni-Taguil, negli Urali centrali, dove la Russia ha presentato un numero record di prototipi militari che hanno fatto brillare gli occhi ai governanti di mezzo mondo, subito dimentichi delle promesse di investire in cibo e medicine per i poveri.

Il salone è stata una vera e propri dimostrazione di potenza dell’industria bellica russa: 200 nuovi “prodotti” esposti e 463 imprese russe e straniere partecipanti, delegazioni di 50 Paesi come Austria, Ghana, Canada, e Francia (ma anche la “nemica” Ucraina), che fino a pochi anni fa non avrebbero permesso alla Russia di entrare nel loro (florido) mercato di importazione di armi. A Russian Expo Arms di Nijni-Taguil le armi vengono provate in loco al poligono di Staratel per far vedere dal vivo ai clienti le performances dell’armamento russo.

Edouard Rossel, il governatore della regione di Sverdlovsk che ha ospitato l’expo, ha detto che l’iniziativa «permette di manifestare il potenziale economico e intellettuale degli Urali centrali. Abbiamo di che esserne fieri». La pensa così anche Igor Sevastianov, direttore aggiunto di Rosoboronexport, la società statale che esporta armamenti, fiero di aver ormai superato l’industria “civile” e di aver portato gli armamenti russi in tutto il mondo.

Se poi quelle armi costeranno nuove guerre, o le incancreniranno nei tanti punti caldi del mondo, interessa poco o nulla, tanto probabilmente non arriveranno mai ai poveri delle rivolte del pane o ai profughi climatici scacciati da una frontiera all’altra, resteranno saldamente in mano ai governi che con una mano comprano armi al supermercato russo e con l’altra chiedono o danno aiuti per combattere la fame e le malattie.

I russi sanno che in un mondo multipolare e in crisi la strada più facile per mantenere un fragile equilibrio planetario sono le armi, e sono democraticamente disposti a fornirle a tutti, basta pagare. Tanto ora l’occidente applaude estasiato alla ripresa dell’industria bellica russa, non più pericolosa per il mondo libero capitalista e quindi libera di vendere in tutto il mondo.

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