[15/07/2008] Consumo

L’aumento dei prezzi si mangia la dieta mediterranea

LIVORNO. La Confederazione italiana agricoltori analizza i dati sui prezzi a giugno che, rispetto allo stesso mese del 2007, confermano un’impennata del 6,1% dei prodotti dell’agroalimentare, e sottolinea che, negli ultimi dodici mesi, «le abitudini a tavola si sono modificate e la “dieta mediterranea” mostra segni di crisi. Nel primo semestre 2008 calano del 2,5% i consumi. Solo per il pane si registra una flessione del 5,5% rispetto ai primi sei mesi del 2007.

Sei famiglie su dieci nell’ultimo anno hanno cambiato le abitudini alimentari soprattutto a causa dei rincari, anche di prodotti di prima necessità come il pane e la pasta. Inoltre, rispetto a dieci anni fa la spesa alimentare, che oggi è intorno al 20% reddito familiare, è cresciuta del 28%. Ogni famiglia, in media, spende per l’alimentazione 466 euro al mese..

Secondo le prime stime della Cia «Nel primo semestre dell’anno, si è avuta una caduta, in quantità, dei consumi alimentari di oltre il 2,5% nei confronti dello stesso periodo del 2007. I cali più accentuati si hanno per i derivati dei cereali (meno 4,8%, con il pane che mette a segno una flessione del 5,5%), per gli ortaggi (meno 5,5%), per la frutta (meno 1,8%), per l’olio d’oliva (meno 5%), per la carne bovina (meno 3,4%). Dati che confermano il trend negativo già registrato nel 2007. Soltanto latte e derivati (più 3%), carni avicole (più 1,5%), vino e spumante (più 2,5%) vanno in controtendenza.

Ad essere più penalizzati sembrano i prodotti della “dieta mediterranea”, fino a pochi anni fa considerata un esempio di frugalità ed economicità. La corsa dei prezzi continua anche per il pane che a giugno ha segnato un aumento del 13%, mentre la pasta schizza addirittura ad un più 22,3% e la frutta sale del 7,6, mentre gli ortaggi seguono l’inflazione al 3,6%. Per la Cia «Si cominciano ad evidenziare preoccupanti segni di crisi. Nei piatti dei nostri connazionali ci sono, infatti, sempre meno pane, pasta (anche se per questo prodotto si nota, in questi ultimi mesi, una ripresa), frutta e verdure e olio d’oliva. La percentuale di coloro che hanno ridotto e mutato la spesa per l’alimentazione si trova principalmente nelle fasce di età superiori ai 55 anni (con picchi elevati soprattutto negli over settanta) e nelle famiglie con redditi bassi. Attualmente la spesa alimentare degli italiani è così ripartita: 23,4% carne, salumi e uova; 18,2% latte e derivati; 16,8% ortofrutta; 14,8% derivati dei cereali; 8,9% i prodotti ittici; 5,7% le bevande analcoliche; 5,5% le bevande alcoliche; 3,9 % olio e grassi; 2,8% zucchero, sale, caffè, the. L’incidenza sulla spesa complessiva mensile è pari al 18,8%
La cautela dei consumatori - ha interessato un po’ tutte le tipologie distributive. Le famiglie italiane, comunque, hanno preferito acquistare nei supermercati, negli ipermercati e nei discount, anche se si registra una leggera crescita negli acquisti presso i mercati rionali e direttamente in campagna nelle aziende agricole».

Mentre nei Paesi poveri l’aumento dei prezzi si ripercuote nelle disperate rivolte del pane e nell’inedia di milioni di persone senza più speranza, da noi sembra cominciata più la fuga dalla qualità che dai supermercati, fasce deboli e classe media impoverita non rinunciano ai consumi, abbassano semplicemente le loro aspettative alimentari, in una catena di rinunce che è terribile per chi vive di pensione o di lavoro precario, ma che non tocca i consumi di extralusso e, a quanto pare dalla trepida attesa per l’acquisto degli i-phones, nemmeno i nuovi status symbol dei gadget tecnologici. Nella società dell’apparenza si può fare a meno del cibo buono ma non degli specchietti e delle perline.

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