[17/07/2008] Acqua

La Toscana scommette sui dissalatori

FIRENZE. Per ridurre le criticità quantitative relative alla risorsa idrica sul territorio i dissalatori possono diventare la vera soluzione? Pensiamo di no, ma possono dare un buon contributo specialmente valutando i costi/benefici nel nuovo contesto, realizzandoli dove si può. Il quadro ad oggi. La Toscana ha fatto ricorso ai dissalatori soprattutto per contribuire a risolvere il problema della sete delle isole dell’Arcipelago. Gli impianti esistenti sono ubicati a Capraia (un dissalatore ad osmosi inversa capace di produrre fino a 500 metri cubi di acqua potabile al giorno) in funzione dal 2005, e di quello di Giglio Bonsere (attivo dal 2004) che produce circa 2.000 metri cubi al giorno. Mentre in corso di realizzazione è quello di Giglio Campese (dissalatore da 1.200 metri cubi al giorno), mentre a Giannutri entro l’estate dovrebbe essere inaugurato un impianto da 100 metri cubi giorno.

«Oggi in Toscana possiamo produrre, ricavandola da quella marina, meno di 3.000 metri cubi al giorno di acqua potabile. Invece si può e si deve fare di più - introduce l’assessore alle risorse idriche, Marco Betti (Nella foto)- E’ arrivato il momento di potenziare questa nostra capacità, attraverso un uso intelligente dei dissalatori. Partiamo dal raddoppio di quello del Giglio e dalla ultimazione dell’impianto di Giannutri, per contribuire a risolvere i problemi idrici delle isole dell’Arcipelago. Intanto porteremo la nostra capacità a 4.300 metri cubi al giorno. Poi verificheremo se è possibile realizzarne altri lungo la costa, a partire da Punta Ala e Scarlino. Destineremo a questo scopo una parte dei 5 milioni di euro previsti per quest’anno dal Patto per l’acqua». Rispetto ai costi, la cifra di quello di Capraia è 1,4 milioni di euro, quello del Giglio 2,5. Per l’impianto di Giglio Campese si spenderanno altri 2 milioni, mentre quello di Giannutri costa 600.000 euro. La Regione ha finanziato gli interventi con 3,2 milioni di euro, dal 30% dei costi per quelli del Giglio, al 100% di quello di Giannutri, passando per il 90% di quello di Capraia, dimostrando di crederci sempre di più anche valutando il risparmio per le casse regionali. Basti pensare che nel solo 2004 rifornire con bettoline tutte le isole dell’Arcipelago è costato 4 milioni di euro e che un metro cubo di acqua potabile trasportata con le chiatte-cisterna, costa circa 30 euro, cioè 40 volte di più di un metro cubo di acqua dissalata.

«Ormai – continua Betti – questa tecnologia ha raggiunto costi competitivi. Basti pensare che un dissalatore capace di servire 100.000 abitanti costa 1 milione di euro e ha spese di gestione che variano da 0,75 centesimi ad 1 euro e 50 al metro cubo di acqua prodotta. Significa che ricavare 1 litro di acqua potabile da quella marina costa al massimo 15 millesimi di euro, cioè 2,9 delle vecchie lire. Se a ciò si aggiunge che alimentando gli impianti con pannelli fotovoltaici anche il consumo di energia si riduce ben si dimostra come un dissalatore si ripaghi ampiamente, e in poco tempo».

L’assessore Betti a sostegno della sua proposta ha citato l’esempio della regione spagnola di Murcia, dove 2,3 milioni di abitanti ricevono dall’acquedotto locale acqua proveniente per tre quarti dal mare e per un quarto dal fiume. «Aiutare le zone più siccitose come le coste grossetane utilizzando l’acqua di mare significa poter far fronte al picco delle richieste estive causate dalla forte presenza turistica, risparmiare l’acqua dell’Amiata e ridurre gli effetti del cuneo salino, cioè l’intrusione dell’acqua salata nelle falde di quella dolce – conclude l’assessore – Ovviamente il primo obiettivo da cogliere è quello di ridurre gli sprechi, favorire il riutilizzo e l’uso razionale della risorsa, ma nell’acqua di mare possiamo avere un valido alleato in più contro la sete della Toscana».

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