[21/07/2008] Consumo

La guerra fredda dello stoccafisso delle Svalbard

LIVORNO. Norvegesi e occidentali in genere guardano con preoccupazione la ricomparsa, dopo una lunga pausa, delle navi della marina da guerra russa nelle acque glaciali delle remote isole Svalbard. La Russia afferma di aver inviato le sue cannoniere in quel pezzo di Artico «per garantire la libera navigazione e lo sfruttamento delle risorse marittime». Le minacciose scie delle navi russe infatti segnano acquei non internazionali, ma attivamente rivendicate dai russi e dalla Norvegia, che è anche uno Stato della Nato.

Il problema è proprio l´interpretazione dello statuto speciale di queste isole quasi disabitate che i russi preferiscono chiamare Spitzberg e gli occidentali Svalbard: l´arcipelago appartiene allo Norvegia, ma all´Unione Sovietica prima e alla Russia poi è concesso il diritto di sfruttare economicamente le isole, il che attualmente si traduce nelle attività minerarie e petrolifere della compagnia Arktikugol e nella pesca nelle acque intorno alle Svalbard.

Ma la Norvegia nel 1977, in piena guerra fredda, ha rimesso in discussione il diritto dei russi a pescare nel mare delle Svalbard, proclamando unilateralmente (come fanno i russi davanti alla loro piattaforma continentale) una zona economica esclusiva di 200 miglia intorno all´Arcipelago, una misura rimasta sulla carta, visto che i pescherecci sovietico-russi hanno continuano a pescare intorno alle Sptzberg ben protetti dai pattugliamenti di navi, aerei e sottomarini della Flotta del Nord di stanza nelle acque del mare di Barents.

La Norvegia, prima per evitare uno scontro tra blocchi che avrebbe avuto conseguenze inimmaginabili, oggi per tenersi buona la Russia post-sovietica che è ancora il più grosso e aggressivo orso dell´Artico, fa buon viso a cattivo gioco, anche se dopo la dissoluzione dell´Urss non rinuncia a dettare alla Russia inascoltate condizioni sulla pesca, a partire dalle continue lamentele per il non rispetto delle norme norvegesi da parte dei pescherecci russi, che operano con attrezzature "fuorilegge".

Il più noto incidente tra norvegesi e russi è quello del peschereccio Elektron, che scatenò una piccola guerra del pesce, ma nel marzo scorso i guardiacoste norvegesi hanno fermato il peschereccio russo Koralnes e la tensione è risalita, richiamando alle Svalbard la nave antisommergibili Severomorsk e la lancia-missili Marescialo Ustinov a difendere «il diritto di pescare liberamente nelle acque intorno alle isole, conformemente allo statuto particolare dell´arcipelago».
Le grandi navi russe rappresentano un monito e una minaccia concreta che i guardiacoste norvegesi non possono certamente fronteggiare e c´è da credere che i pescherecci russi continueranno a pescare fuori quota e fuori norma nella massima tranquillità.

E´ evidente che questa specie di rimpiattino artico del merluzzo, con il suo abnorme spiegamento di forze militari, mira a segnare qualche punto e ad occupare qualche casella nello scacchiere Artico e che la Russia flette i suoi muscoli navali per costringere la Norvegia ad aprire negoziati bilaterali per spartirsi le risorse artiche e magari per ottenere in cambio un riconoscimento formale alla pretesa di Mosca di estendere il suo dominio sull´Oceano Polare Artico fino al polo Nord.
Baccalà e stoccafisso saranno anche sempre più preziosi, ma la guerra per gli stock di merluzzo sempre più esausti nasconde quella molto più pericolosa per le enormi risorse minerarie e petrolifere che il riscaldamento globale sta liberando sotto la banchisa artica o delle nuove rotte nuove rotte commerciali che hanno bisogno di punti di controllo come le desolate e magnifiche Spitberg-Svalbard.

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