[13/01/2006] Consumo

Missaglia: «Il credito al consumo aumenta perché siamo più poveri»

LIVORNO. Su alcune considerazioni che Carla Ravaioli ha fatto sono d´accordissimo, per esempio sul ruolo della guerra come motore fondamentale della crescita. E´ appena uscito uno studio interessante di Stiglitz (www.josephstiglitz.com) in cui si mostra come la forma corrente del keynesismo (l´idea cioè che il livello di attività economica si sostenga attraverso il governo della domanda e, in particolare, della spesa pubblica) sia proprio la guerra. Seconda guerra mondiale, poi subito guerra fredda, poi subito guerra al terrorismo. Gli Usa non hanno mai smesso di essere keynesiani. Da guerrafondai, ma keynesiani.

L´Europa, purtroppo, ha smesso da un pezzo di esserlo (vedi patto di stabilità). A me pare che stia qui, non tanto nel diverso funzionamento del mercato del lavoro, la ragione di fondo delle diverse performance economiche dei due continenti.

L´altro punto sollevato dalla Ravaioli mi lascia più perplesso, l´idea che la "spinta al consumismo" (parole della Ravaioli) si materializzi nel ricorso sempre più massiccio al credito al consumo, anche in Italia.
Tuttavia, poiché come dice la stessa Ravaioli il ricorso al credito al consumo non si accompagna ad una crescita dei consumi, mi pare che parlare di spinta al consumismo sia una svista clamorosa! Le persone si indebitano per comprare ciò che prima acquistavano senza doversi indebitare: questa non è spinta al consumismo, è scivolata verso la povertà! E´ cosa completamente diversa!

Poi invece sono d´accordo sul fatto che si tratti di un equilibrio precario e molto a rischio. Se ti indebiti per fare un investimento, allora presumibilmente (se l´investimento genererà i frutti attesi), sarai in grado di ripagare il debito con gli interessi. Ma se ti indebiti per consumare, come diavolo lo ripagherai quel debito, come si genereranno le risorse per restituirlo? Keynes, che giustamente suggeriva a F.D. Roosevelt di pagare i disoccupati affinché scavassero e poi riempissero buche - avrebbe potuto dire: la ripresa dell´attività economica legata alla maggior domanda di beni di consumo (a sua volta resa possibile da quegli atti di indebitamento) genererà posti di lavoro, profitti, risorse insomma che permetteranno il ripagamento dei debiti. Ma, affinché questo giochetto (il famoso "moltiplicatore" keynesiano) funzioni, l´indebitamento deve dare luogo, appunto, a maggior domanda di consumo. Se invece, come accade oggi in Italia, l´indebitamento serve a finanziare un medesimo livello di consumi, allora quei debiti saranno veramente difficili da ripagare. Diventano, come si dice, insostenibili. Non ci sono in giro posti di lavoro in più.

Per riassumere. Oggi il ricorso al credito al consumo non si spiega con il consumismo, ma con l´impoverimento (la riduzione dei redditi reali, come sanno benissimo moltissimi lavoratori dipendenti, che la decrescita sono un paio d´anni che se la vivono sulla loro pelle). Per questo, non trattandosi di debito virtuoso (alla Keynes), difficilmente potrà essere ripagato.
In questo ha ragione la Ravaioli, sta in piedi artificiosamente un sistema sempre più precario.

* Marco Missaglia
è professore associato di Economia dello sviluppo alla facoltà di Scienze Politiche dell´Università di Pavia. Si occupa della cooperazione allo sviluppo interuniversitaria fra Pavia, l´Università di Betlemme
(Palestina) e quella di Cartagena (Colombia).

Torna all'archivio