[28/07/2008] Energia

Disarmo atomico e il non detto sul nucleare

LIVORNO. E´ certamente positivo che Massimo D´Alema, Gianfranco Fini, Giorgio La Malfa, Arturo Parisi, si uniscano all´insospettabile Francesco Calogero, del dipartimento di fisica dell´università di Roma e dal 1989 al 1997 segretario generale del Pugwash, un´organizzazione Premio Nobel per la Pace nel 1995, per rilanciare in Italia l´appello "Un mondo senza armi nucleari", pubblicato dal Wall Street Journal. Un appello che rappresenta un ripensamento ancora più importante, visto che è firmato da George Shultz e Henry Kissinger, già segretari di Stato dei presidenti repubblicani Reagan e Nixon, tra i principali protagonisti della corsa al riarmo nucleare e dell´invenzione dello scudo spaziale, e da Bill Perry, già ministro della difesa di e Clinton, e Sam Nunn, ex presidente Commissione difesa del Senato Usa, che oggi propongono la totale eliminazione delle armi nucleari.

Tutto positivo, ma in un angolino non troppo remoto del nostro cervello viene però da chiedersi il perché di questa uscita bipartisan italiana proprio ora e da parte di politici che, con diversi percorsi personali, sono accesi sostenitori della Nato e delle sue imprese militari di quella ancora più sorprendente di politici Usa che hanno partecipato in prima persona ad innescare conflitti sanguinosi, colpi di Stato, guerre che continuano ancora, dei vincitori di una guerra fredda che si basava su una corsa al riarmo che ha sfiancato l´Urss e sull´esibizione, non solo teorica, di un deterrente nucleare che potrebbe distruggere 5 pianeti come la terra e che ha le propri basi anche nel nostro Paese.

«L´argomento - spiegano sul Corriere della Sera D´Alema Fini e gli altri - è che, se i Paesi che dispongono di armi nucleari — che sono ormai 8 — e soprattutto i due principali, Stati Uniti e Russia, non prendono l´iniziativa di avviare un processo tendente alla loro eliminazione, diventerà sempre più difficile impedirne l´acquisizione da parte di altri Paesi, con il rischio che prima o poi queste armi vengano usate con esiti catastrofici per il mondo».

Poi gli esponenti italiani di centro-destra e Pd prendono in esame le altre espressioni di volontà disarmistica di Obama e McCain, Gorbaciov, Gordon Brown, Sarkozy e delle Ong pacifiste e scrivono: «Desideriamo indicare i passi principali per muovere in questa direzione. Il primo è l´entrata in vigore del Trattato che mette al bando ogni tipo di esplosioni nucleari sperimentali, comprese quelle sotterranee, sancendo la moratoria di fatto ora vigente. Il secondo è sbloccare la trattativa, nella Conferenza sul disarmo di Ginevra, sull´accordo Fmct ( Fissile material cut-off treaty) che vieta la produzione dell´uranio altamente arricchito e del plutonio con opportuna composizione isotopica, necessari per la produzione delle armi nucleari. Anche qui vige già una moratoria di fatto senza però un accordo formale e alcuna verifica. L´entrata in vigore di questi due trattati sarebbe assai apprezzata dai Paesi militarmente non nucleari e faciliterebbe il buon esito della Conferenza periodica prevista per il 2010 dal Trattato di non-proliferazione nucleare, rafforzando il regime mondiale di non proliferazione, compreso il monitoraggio dell´effettivo rispetto, nella lettera e nello spirito, degli impegni previsti nel trattato».

Peccato che gli Usa abbiano firmato accordi nucleari con un Paese come l´India che non aderisce al trattato di non proliferazione nucleare, che la Francia e la Russia vendano sommergibili nucleari a destra e a manca (e soprattutto ai Paesi già entrati nel club del nucleare militare o che smaniano di entrarci, come Brasile e Argentina).

Nella lettera degli italiani e nel pentimento tardivo di Kissinger e soci, c´è infatti qualcosa di pesantemente non detto: che il nucleare civile è sempre stato legato al nucleare militare e che l´esplosione di progetti di Stato per costruire centrali nucleari dall´Indonesia all´Iran, dall´Africa disperata al Brasile in crescita, nasconde nemmeno tanto bene la voglia di dotarsi della bomba, nasconde il terremotamento già avvenuto di un equilibrio del terrore che ha funzionato bene durante la guerra fredda ma che potrebbe smottare e ingarbugliarsi se una bomba finisse nelle mani di un regime instabile o poco affidabile. Purtroppo questo è già successo in Pakistan, è stato tamponato grazie alla carestia in Corea del nord, il terrore degli occidentali è che succeda nell´Iran reso più forte ed influente dal colossale errore strategico e geopolitico della guerra irakena.

Finita l´Urss e il comunismo trasformatosi nel famelico capitalismo di Stato cinese e vietnamita o nello Stato-mercato russo, il sottile filo del circo nucleare non serve più, troppi ex spettatori ci vogliono salire e ci sono già saliti sopra e le oscillazioni potrebbero diventare insostenibili, a cominciare da Teheran o da Tel Aviv.

Le mille centrali nucleari allegramente annunciate da Berlusconi si potrebbero trasformare, visto che così è già avvenuto nei Paesi del club della bomba atomica, in un diffuso supermarket di materiale per costruire la bomba, per dar vita ad un equilibrio di fili troppo intricato per non rimanerci impigliati, in uno spappolamento di sfere di influenza, in un´atomizzazione di ricatti, anche terroristici, che hanno nell´indicibile potere mortale della bomba atomica il loro terminale. L´equilibrio si è rotto e il fallimento della pressione sull´Iran del Gruppo dei 6 sta anche in questo, nel tentativo disperato di determinare chi può e chi non può accedere alla tecnologia nucleare, probabilmente si sta cercando di chiudere un cancello mentre i buoi sono già scappati e D´Alema, Fini, La Malfa, Parisi fanno bene a scrivere che per il disarmo nucleare «la diffusione di un nuovo modo di pensare, di una nuova "saggezza condivisa" è un passo fondamentale in questa direzione, cui anche l´Italia deve contribuire. Occorre che su questi temi, fondamentali per la stessa sopravvivenza dell´umanità, nonostante le legittime anzi necessarie contrapposizioni politiche, si riconosca un superiore, comune interesse».

Il problema è che forse questo passo bisognava farlo prima, quando i pacifisti venivano irrisi, e che la proposta di un menù energetico fatto di proliferazione nucleare civile non si accompagna bene ai divieti volontaristici di una proliferazione atomica militare mai cessata, nonostante il trattato che la dovrebbe regolare. La questione mondiale del nucleare non può essere governata con i diktat di è dotato di centrali, di chi ha gli hangar pieni di testate nucleare, di chi le fabbrica, le ospita e le sventola come deterrente sotto il naso di chi le vorrebbe avere.

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