[28/07/2008] Consumo

La crisi del maiale

LIVORNO. Del maiale non si butta nulla, dice un detto, ma secondo la Confederazione italiana agricoltori (Cia) la globalizzazione, la crisi alimentare e l´aumento dei prezzi agricoli potrebbero fare una vittima inaspettata: i maiali italiani. «Oggi, purtroppo, la nostra suinicoltura è vicina al tracollo - spiega la Cia - . Molti allevamenti, oberati da pesantissimi costi di produzione e alle prese con prezzi in caduta libera, sono a rischio chiusura, mentre il nostro Paese è sempre più invaso da prosciutti e salami stranieri (875 mila tonnellate per un valore di oltre 1 miliardo e 700 milioni di euro l´import del 2007, con oltre 60 milioni di cosce fresche di maiale). Una crisi profonda e traumatica che sta gettando nella disperazione un´intera categoria. Gli allevatori -ricorda la Cia- sono allo stremo e non possono più operare in queste particolari condizioni. Basti pensare che nello scorso anno il prezzo medio dei suini è diminuito dell´8% rispetto al 2006, mentre il costo dei cereali e dei semi oleosi, indispensabili per l´allevamento, ha fatto registrare impennate vertiginose: il mais nazionale è cresciuto del 33,6%, l´orzo estero del 44,6%, la farina di soia estera del 30,7%, la crusca di frumento tenero del 55%. Per comprendere le difficoltà degli allevatori, basta rilevare che, fatto cento il valore del suino pagato dal consumatore, solo il 14, 8% va all´allevatore. Nel 2001 il suinicoltore incideva per il 21,1% cento. In sette anni un "taglio" del 6,3%».

Cifre preoccupanti per un settore che, pur con problemi di impatto ambientale notevole, eravamo abituati a considerare di una qualità e tipicità che lo mettevano al riparo dagli aggressivi mercati stranieri. Ma la crisi fa aumentare i prezzi ed abbassare le pretese e così a farne le spese è la qualità, tanto che, all´indomani della firma del "Piano di impegni esecutivi per il settore suinicolo" e alla vigilia dell´incontro con il ministro delle politiche agricole Luca Zaia, per la Cia «è giunto il momento di dare risposte concrete agli allevatori di suini che vivono un momento di profonda crisi. Il Piano, siglato a livello interprofessionale dalle Organizzazioni agricole, da Anas e Unapros, dall´Organizzazione industriale della macellazione e dai Consorzi di tutela del Prosciutto di Parma e San Daniele, può avere un ruolo importante per costruire il futuro della filiera suinicola italiana. Occorrono, però, misure adeguate per dare certezze agli allevatori, i cui redditi si sono pressoché dimezzati, e per rilanciare sviluppo e competitività delle imprese di un settore importante dell´agricoltura italiana che, altrimenti, rischia la scomparsa».

Ma quali possono essere le vie di uscita per il settore suinicolo? La Cia evidenzia «Per quanto concerne le misure da adottare in tempi rapidi, l´esigenza di alleggerire il "peso" del credito bancario nei confronti delle imprese suinicole. Va, inoltre, attuata una riduzione dell´onere fiscale e tributario, prevedendo strumenti già utilizzati in altre situazioni di settori in crisi. Risulta, poi, importante prevedere l´inserimento di interventi finanziari concreti per lo sviluppo degli allevamenti suinicoli nei "Piani di settore" che il ministero delle Politiche agricole sta predisponendo».
Ma sullo sfondo rimane la globalizzazione del maiale, nata per dare più carne ai ricchi dell´Asia e trasformatasi in prodotti a buon mercato per le classi medie in crisi dell´occidente.

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