[11/08/2008] Comunicati

La guerra georgiana e il petrolio asiatico

LIVORNO. In Georgia ed Abkhasia si stanno saldando le lontane eredità dello stalinismo e i più recenti errori occidentali. L´attuale conflitto è una bomba a scoppio ritardato piazzata dal georgiano Stalin quando regalò magnanimamente alla sua patria, diventata repubblica dell´Urss, l´Ossezia meridionale, e il fuoco alla miccia di quella vecchia bomba lo ha innescato il panslavismo umiliato dall´indipendenza del Kossovo.

Ora gli osseti si chiedono perché a loro non sia permesso fare quel che la Nato, gli Usa e l´Unione Europea hanno permesso di fare agli albanesi o ai montenegrini, lo stesso fanno gli abkhasi indipendentisti e la Trasdinistria mafiosa che vuole staccarsi dalla Moldova. Quel che non si comprende è come un Paese di 4 milioni e mezzo di abitanti come la Georgia abbia deciso di sfidare così platealmente l´orso russo (che al confine sud della Georgia conta di un amico fidato come l´Armenia).

La reazione russa è stata tanto decisa da essere evidentemente preparata: il presidente georgiano Mikheil Saakašvili ha presto trasformato la sua incruenta rivoluzione delle rose filo-occidentale nell´ennesimo regime nazionalista e autoritario caucasico, accentuando la (ricambiata) ostilità verso i russi, offrendo il suo territorio come punto di passaggio di gasdotti ed oleodotti per trasportare il petrolio azerbaigiano verso la Turchia e l´Europa, creando quindi di fatto un corridoio ed una testa di ponte per gli Usa e gli europei verso il mar Caspio e le risorse petrolifere dell´ex Asia centrale sovietica, vogliosa di "vendersi" ai ricchi occidentali, ma finora impedita a farlo dalla geografia e dal ferreo controllo russo.

La richiesta della Georgia di entrare nella Nato (ben più che la miserabile Ossezia del sud che vivacchia di contrabbando e di sussidi di guerra russi) è il vero detonatore di questa guerra strisciante che è iniziata nel 1991, il giorno dopo l´indipendenza georgiana, con la ribellione delle sue tre repubbliche autonome (quella dell´Agiaria presto rientrata) e il dispiegamento dei "caschi blu" russi a difendere osseti ed abkhasi.

Il passaggio di una delle vene del petrolio mondiale dalla Georgia e la Nato che si incunea nel Caucaso, nel turbolento giardino di casa di Mosca, sono un boccone indigeribile per Putin e Medvedev e la sanguinosa "provocazione" dell´invasione dell´Ossetia del sud è stato un bel favore.

Forse Saakašvili, ha giocato, come fanno tutti gli uomini forti in crisi, la carta della guerra e del nazionalismo per rafforzare il suo potere autoritario, contando su una reazione di Usa e Nato che, per ora e pensiamo anche in futuro, è stata solo verbale. L´esempio del Kossovo pesa come il macigno, come una ghiotta scusa per i russi che sollecitano e titillano l´indipendentismo filo-russo e sono riusciti a far dimenticare la mattanza cecena, dove l´indipendentismo petrolifero islamico è stato brutalmente liquidato dall´esercito russo e dai feroci collaborazionisti ceceni.

La mossa di Saakašvili é stata probabilmente disperata, ma come risultato ha avuto quello di far muovere la flotta russa di Odessa (un avvertimento anche per l´infedele Ucraina, accusata di fornire armi ai georgiani) a bloccare il mar Nero, la distruzione delle sue già deboli infrastrutture portuali e aeroportuali, il probabile precipitare di una crisi economica dalla quale la Georgia indipendente non è mai uscita. Sarà difficile che in queste terre ortodosse si ascolti l´appello del Papa di Roma, sarà difficile che la Nato sbarchi sfidando le cannoniere dell´Armata rossa, sarà difficile che il Consiglio di Sicurezza dell´Onu riesca a mettere insieme una frase compiuta sull´ennesima guerra caucasica, visto che la Russia ne fa parte con diritto di veto.

La Russia approfitta della mancanza di governo del mondo e dello sconsiderato attacco georgiano per ridisegnare i confini del dopo Urss, per tranciare con le bombe e i carriarmati le tubazioni petrolifere che volevano aggirarla, per impedire alla Nato di inglobare un Paese in guerra.

L´unico aiuto americano, oltre alle indignate frasi di circostanza di Bush, saranno probabilmente i soldati georgiani trasportati rapidamente a fronteggiare i russi da un altro fronte di guerra poco più a sud, dall´Iraq. Da un´altra guerra petrolifera, da un´altra scusa di libertà e giustizia non mantenuta.

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